martedì 30 giugno 2009

Singapaura

Eccoci.
quel che ci ricordavamo di Singapore e' qui davanti a noi: l'acqua scrosciante dell'Equatore che viengiuchesembranonfermarsimai e poi quando ormai hai perso ogni speranza, in quanto occidentale dei climi temperati, ecco che smette, come se un idraulico celeste si fosse finalmente svegliato e con un pappagllo avesse riparato il tubo!

Il volo, puntualissimo e strapieno, e poi un gentilissimo tassista (altra cosa che ci ricordavamo molto bene di queste parti: la gentilezza che senti di non meritarti, sempre in quanto occidentale dei climi temperati...) ci hanno portato all'ostello prescelto (che sara' l'ultimo, immaginiamo) lo Sleepy Sam's. Il posto e' tranquillissimo, nella zona araba; i dormitori sono come i treni malesi, letti a castello divisi da una tenda con grandi ventilatori centrali per dormire. La notte la temperatura fa fatica a scendere sotto i 25 gradi, ma si dorme bene. La mattina un muezzin (tutto orientale anche lui) canta la sua chiamata nel modo piu' gentile che abbiamo mai sentito:e' un piacere persino svegliarsi, anche se e' notte fonda per i parametri dell'occidentale dei climi temperati! 7 anni fa avevamo dormito in Little India e non avevamo sperimentato il muezzin singaporese!

Le bici sono arrivate. Dopo un po' di peripezie, siamo stati costretti ad imballarle con il solo cellophan con cui riparano le valigie all'aereoporto, vedremo quando lo sbendaggio avverra', cosa troveremo delle nostre mummie... Al check-in hanno cercato ancora di farci pagare un'extra per i due kg di troppo, ma Ale-Mr Tuffy, con grande grinta, ha prontamente fatto notare che noi avevamo un volo British che ha una franchigia piu' alta. La hostess non ha potuto far altro che fingere di chiedere al supervisore e lasciarci andare! Il passaporto di Gaia ha dato piu' problemi che all'ingresso ed e' stato controllato piu' volte perche' lo scanner non lo legge bene... speriamo che non ci siano problemi maggiori in altri posti...

Di Melbourne, che ci ha salutato con una giornata di primavera, seguita da un freddissimo vento del polo sud, aggiungiamo solo che c'e' una friggitoria che si chiama "The Lord of the Fries" (chi puo' capire il pun...), che abbiamo visto una mostra dello strepitoso Brack, un artista australiano davvero interessante, deceduto nel '99 e che abbiamo fatto di tutto per raccattare germi e farci contaminare dall'influenza maiala: mercati comunali vari, centri commerciali, stazioni cenrtrali, mostre la domenica... gaia ha un raffreddore fortino, ale parla col naso piu' che mai... vi terremo aggiornati! All'aereoporto, qui, fanno lo scanner termico per vedere se qualcuno ha la febbre e in caso positivo lo quarantenano...

Vince il premio casella postale piu' creativa una mucca fatta di vasi di plastica colorati e corda.
Se dovete andare in Australia, cercate di atterrare a Melbourne perche' e' una citta' che davvero merita!
Alla prossima

lunedì 29 giugno 2009

Foto dei tre


Ecco la foto fatta ormai molto tempo fa in compagnia del baldo giovin australiano (Gaia e' particolarmente brutta!!).
Adesso siamo sulla Great ocean drive e fa un freddo fottuto! rimpiangiamo il caldone che tra poco ci attende (peste maiala permettendendo!!!) in asia!

venerdì 26 giugno 2009

Inverno

Dopo i primi freddi patiti nel centro australiano, ad Adelaide ci siamo resi conto che era anche peggio e dopo un tentativo di usare ancora la tenda, abbiamo abbandonato il proposito e ci siamo buttati sulle cabins (fuori stagione) dei campeggi o sui pochi ostelli, dove c'erano. Le ginocchia di Gaia (dopo essersi sistemate al freddo secco dell'interno) le dicono:"Ma sei scema?", quelle di Ale solo:"Te la faremo pagare!".
Adelaide e' una cittadina molto vivibile, ma l'unica cosa che vale veramente la visita e' il favoloso mercato coperto! altro che mercati francesi! questo raccoglie il meglio dei prodotti della zona e non solo, anche le delicatessen provenienti da altri Paesi, Italia inclusa! Pane, dolci, formaggio: uno spettacolo per gli occhi e non solo! specialmente con il freddino di mezzo inverno...
Un altro luogo veramente fatto bene e' il South Australia Museum dove finalmente c'e' una collezione di manufatti aborigeni ampia con spiegazioni esaustive anche rispetto ad argomenti fin'ora piuttosto oscuri (ad es. la morte, la nascita, il vestiario etc.). Una meraviglia.
Poi, via per pedalare, dopo la costa est, anche parte della sud e raggiungere Melbourne, percorrendo la famosa Great Ocean road.

Mondo pappagallo
Alla prima tappa siamo un po' spaventati dal freddo e dalla pioggia notturna; qui infatti, a differenza del deserto, di giorno la temperatura resta bassina e appena ti fermi, sudato, e' un problema. Il sole ci incoraggia pero' a proseguire. Per risparmiare km, procediamo prima verso sud, per poi tagliare il Sellick Hill range e il Bull Creek range in direzione est e arrivare a Strathalbyn, un paesino fondato dagli scozzesi bellissimo, sul fiume Angus. E' zeppo di edifici storici (secondo i parametri di qui!) uno dei quali e' l'hotel Victoria dove hanno girato alcune scene di Picnic ad Hanging rock.
Le colline che percorriamo ci offrono un panorama tipicamente da Inghilterra del sud, o certa Scozia e il freddo novembrino e' lo stesso! Vediamo anche le volpi, (importate e che adesso sono un problema) e i cavalli e le mucche e le pecore; il paesaggio e' talmente paradisiaco che vediamo una mucca, svaccata, che con la zampa e la testa accarezza l'erba, come fanno i gatti al sole! ma le differenze nella similarita' sono, ancora una volta, i pappagalli e la toponomastica: passiamo Onkaparinka!
La zona e' zeppa di una nuova (per noi) varieta' di incredibili pappagalli di colore verde, rosso, azzurro, nero; altri arancione, verde e giallo, altri che continuiamo a vedere un po' ovunque ed alcuni che avevamo faticato a vedere, ma che qui sembrano essersi dati appuntamento.Insomma, un tripudio, un'apoteosi di pappagalli!
Da Strathalbyn, ci immettiamo sulla Princes Hwy. per raggiungere Meningie (si chiama cosi', non e' colpa nostra!!), che in lingua locale (Ngarrindjeri) significa fango, dal momento che e' una zona umida piena di corsi d'acqua che evidentemente straripa. Passiamo per Wellington, dove prendiamo l'ultimo traghetto in terra australiana per passare da una sponda all'altra del fiume (che e' sempre bello e gratis!). Il fiume e' il poderoso Murray, il piu' grande del Paese.
Arriviamo a Meningie con il tramonto sul lago Albert, proprio dove a riva sosta una rinomata colonia di pellicani: un altro spettacolo della natura.
Costeggiamo il Coorong N.P. (che significa collo stretto per la sua forma), una laguna che corre parallela all'oceano (qui chiamato South Sea), separata solo da alte dune di sabbia. L'acqua qui e' tre volte piu' salata di quella dell'oceano ed e' rosa, proprio come da noi in prossimita' delle saline. E' un paradiso per molti uccelli migratori provenienti dalla Siberia (che adesso sono la' perche' fa piu' caldo!). Ci sono anche gli ultimi pappagalli della Tasmania che passano qui alcuni mesi l'anno, in via di estinzione (ne restano, sembra, 200 esemplari, forse meno), i pink gum (un tipo di eucalipto) e i mallee trees, di cui si mangiano le radici.
Scopriamo che c'e' in progetto di costruire una diga in NSW che minaccerebbe questo habitat unico. Un giro in questo parco ci permette di vedere i cigni neri in liberta', i canguri e la Sleepy lizard che, fuor di metafora, dall'alto, sembra una cacca di mucca e percio' si mimetizza piuttosto bene.
Fino a Mount Gambier, un paese alle pendici di tre crateri spenti (di cui due sono laghi blu cobalto d'estate, grigi d'inverno), vivono i vombati; speriamo non venga a saperlo Joe!!! (questa e' per testare il vostro grado di fedelta' al taccuino di viaggio!)
I tratti percorsi sono sempre piuttosto up and down, anche lungo la costa, quindi almeno combattiamo il freddo!

Alberi di Natale
Piantagioni di pino occupano buona parte di cio' che doveva essere la foresta originaria di eucalipti ed altre piante locali e c'e' anche una serra che vende "Christmas trees", alberi di Natale: non ci stupiamo, il cervello ci dice che arriva il barbuto vecchino, non ferragosto!
Una varieta' di pappagalli, i black cockatoo, si e' adattata a vivere in cime alle conifere!
Nel distretto di M. Gambier tutto il latte (e vi garantiamo che e' pieno di mucche su tutte le maledette colline che pedaliamo!) viene acquistato dalla Kraft per...produrre il Philadelphia! queste povere bestie lavorano come dannate per far finire il loro succo in schifosissimo formaggio processato!
La zona e' poi ricchissima di grotte naturali, alcune anche con acqua, che comunicano con il mare e sono ricche di fauna marina, come i cenotes nello Yucatan.
Dopo M. Gambier, lasciamo il S.A. per entrare nell'ultimo stato australiano che vedremo: Victoria.
Nei pressi di Portland, cessano le coltivazioni di pini e torna la foresta originaria, ricca di koala, oltre che ovviamente...pappagalli! torna anche il suono dei kookaburra! ovunque ci sono i magnifici Crimson rosella, di cui alleghiamo foto! vanno sempre veloci, ma passando raso cosi' possiamo vederli bene!

Per fortuna c'e' il riscaldamento!
Facciamo tappa a Port Fairy, dopo una giornata passata con il vento freddo e senza mai vedre il sole, sempre dietro basse nubi incombenti. A pranzo, ci ripariamo a terra, dietro ad un barbecue pubblico, nonostante vi siano tavoli e panche dove potremmo stare piu' comodi, se solo facesse piu' caldino. Port Fairy e ' un paesino fondato questa volta da irlandesi, dove ancora e' forte l'accento ed e' pieno di edifici storici molto interessanti; d'estate e' meta di migliaia di turisti, ma adesso e' per fortuna solo il mare d'inverno.Ci sono molte case sul fiume Moyne, molto diverse dallo stile che abbiamo incontrato fin'ora e molto diverse una dall'altra, ma che nel complesso formano davvero un bel quadro celtico!
Dopo Warrnambool, imbocchiamo la G.O. road propriamente detta. Ad accoglierci un cartello: Cheeseworld. Si poteva resistere?
Vediamo anche un uccello completamente bianco che ci pare un rapace e che scopriamo essere un falco.

Paesaggi costieri
Da Port Campbell e' un susseguirsi di spettacolari formazioni rocciose di arenaria e di falesie, tra le quali i famosi 12 apostoli. Si continua a deviare per godersi i vari punti panoramici. Qui, come in NZ, ci sono foche e pinguini. Un sacco di navi sono affondate nel tentativo di attraversare i temibili Bass straits per raggiungere il porto di Melbourne.
I cartelli finalmente ricordano che qui c'erano, prima dei coloni, gli aborigeni e usano per la prima volta la parola massacrati: c'e' addirittura una baia chiamata del massacro a ricordo di cio' che li' e' successo. sembra che in Victoria abbiano un po' piu' coscienza storica che altrove.
Le meraviglie naturali fanno si' che ci attardiamo e questo, oltre alla durissima salita che ci attende sulla Lavers Hill, genera un cospicuo ritardo sulla tabella di marcia che, per fortuna, si rivela poi apportatore di grandi soddisfazioni.

Otway range
La piccola catena montuosa che dobbiamo attraversare e' infatti troppo lunga per noi, che la attacchiamo alle 11.30 e il tramonto arriva troppo presto per riuscire a completarla prima del buio. Ale inizia a rompere, provocando Gaia con frasi insensate; Gaia, che gradisce il paesaggio, si dice pronta a passare la notte in tenda, in mezzo a qualche gregge sparso (qui ci sono anche cervi che pascolano insieme ai cavalli e ai canguri!). Insomma, posti a buon mercato non ce ne sono, arriva il freddo e prima che scenda la sera facciamo un ultimo tentativo per trovare un posticino caldo, dopo che, raggiunta la vetta, la roadhouse locale ci da picche (una topaia inspiegabilmente piena).
Vediamo, che trotterella, tranquillo lungo la strada prima di sentirci arrivare, un bel gattone selvatico tutta pelliccia!
Raggiunto nuovamente il fondovalle, vediamo un ristorante che e' anche guesthouse e ci proviamo. La padrona e' una simpatica inglese che quando vede Gaia scuotere la testa a sentire l'ammontare della stanza, dice che ci si puo' mettere d'accordo perche' i ciclisti le sono simpatici, e ci offre un pacchettotuttocompreso piu' caro di quel che spendiamo di solito, ma che scopriamo valere davvero molto di piu'!
Il posto (la Aire valley guesthouse) e' infatti sito in una lussuosa casa di fine ottocento e offre camere stupende (con bagno privato!!! dopo 5 mesi) e cena e colazione a base di prodotti bio provenienti in parte dalla produzione domestica. La cucina e' creativa e ottima, lei, oltre che cucinare, illustra libri per bambini, lui, oltre a servire ai tavoli, fa il manager per una banca tedesca!!! insomma, nonostante il contesto, ci si sente davvero a proprio agio! Con noi, ai 4 tavoli del ristorante, altre due coppie australiane, una in luna di miele.
Il pane e' appena sfornato, come anche il dolce! assaggiamo due birre locali artigianali (Otway organic lager e prickly Moses) favolose come la cena, di cui una bio.
Insomma, non abbiamo passato la notte tra le mucche all'addiaccio!

Controvento
Il giorno dopo, risaliamo ancora il range, che palesemente non e' finito, vediamo i koala finalmente tra gli eucalipti, qui profumatissimi, prima di raggiungere Apollo Bay seguendo il mare, ma in direzione nord-est, cioe' tutta controvento fino a Melbourne.
Dormiamo a Lorne in un ostello che ospita noi, tre francesi, due svedesi e due monaci buddisti di ignota nazionalita'. Loro sono nel cottage privato. Il giorno dopo li fotografiamo, circondati da pappaglli bianchi, nelle loro tuniche rosso carminio.
L'ostello e' infatti circondato da numerosi alberi strapieni i pappagalli bianchi e crimson rosella!
Proseguiamo lungo quel che resta della G.O. road passando paesini come Anglesea o Torquay dediti al turismo surfista di Melbourne.
Raggiungiamo Geelong e quindi la grande metropoli: Melbourne. Appena in tempo perche' il cerchione posteriore di Gaia si rompe.

Melbourne
Ci rendiamo conto che l'esperienza australiana e' davvero finita e che non ci saranno piu' tutti i meravigliosi uccelli che ci hanno accompagnato in tutte le nostre pedalate o attese o albe o tramonti.
Steve Irwin aveva ragione quando diceva che l'Australia e' piu' di ogni altra cosa il Paese dei pappagalli.
Ci mancheranno anche i canguri, i koala e tutte le incredibili bestiole di cui e' popolato questo strano, immenso posto.
Per fortuna, Melbourne, nonostante le dimensioni e il fatto di essere una citta', e' davvero bella e cosmopolita, il luogo ideale per congedarci da Ozziland! Anche qui il mercato centrale e' una festa per gli occhi e tutto l'insieme di ristoranti e localini (con un livello elevato di servzio e qualita') fa davvero sembrare Milano quello che e': una piccola citta' provinciale che non riesce ad uscire dalle sue paranoie e rigidita'.
Un esempio per tutti: qui la China town, in pieno centro, e' perfettamente integrata nel tessuto cittadino, e' aperta anche alle altre comunita' non autoctone (?) ed e' uno dei fiori all'occhiello dell'offerta turistica locale, come in altre citta' europee.
Alcuni giorni fa, pero', ci sono stati alcuni attacchi a persone di origine indiana nella periferia cittadina di cui ancora si ignorano cause ed autori. La gente e' subito scesa in piazza a raccogliere firme!
Proseguiremo la visita di M fino a martedi', giorno in cui prenderemo l'aereo alla volta di Singapore, che rivediamo volentieri dopo 7 anni. Da li' il viaggio, se tutto va bene, prosegue in direzione Malesia. Le possibilita' di connessioni internet si faranno piu' sporadiche e anche la vita estiva di chi ci legge allontanera' dai pc.
Torneremo al caldo afoso dei tropici, dopo aver sostato all'equatore, di cui ricordiamo gli acquazzoni a doccia.
Il cerchione di Gaia e' stato sostituito, i freni delle bici cambiati, altra manutenzione dovra' essere fatta nell'altro emisfero!
Nascite e morti si susseguono e noi cerchiamo di continuare a pedalare.
Un abbraccio va alla nostra nonnina che finalmente dovrebbe andare al mare, lasciando il peso della custodia dei nostri gatti ad altri!

La cosa più difficile è partire, anche da qui.

domenica 14 giugno 2009

quasi al termine

La difficolta' a lasciare le nostre bici, ci spinge un po' piu' a nord di Cairns, Port Douglas, ma poi a Cairns dobbiamo tornare per noleggiare un minivan, caricare tutto e raggiungere il cuore dell'Australia: Alice Springs. E piu' ancora oltre Uluru.
La tabella di marcia, per massimizzare il noleggio, e' rigidissima: in 4 tappe siamo ad A.S. Da li' il nostro tour prevede, seguendo il McDonnell Range, di raggiungere il Kings Canyon, poi Uluru e il monte fratello, Kata Tjuta, prima di tornare ad A.S. per riconsegnare il van. I km sono quasi 3.900, puo' guidare solo Ale dotato di patente internazionale.

Sono o non sono il Capitano Cook? Lasciamo Cairns che ancora incombono minacciose su di noi le nuvole. La tenda e' ancora fradicia, quando la apriamo un odore di fungo ci assale. La Bruce Hwy qui si trasforma in Captain Cook Hwy e a segnalare il cambio e' un'enorme statua dello stesso (20 m circa) col braccio proteso in avanti a mo' di saluto romano. Parte della strada da Cairns a Port Douglas e' World Heritage e sono davvero 30 km incantevoli di costa, con spiagge splendide a est e il range verdissimo, che qui si innalza a ridosso della costa, a ovest. Anche in questa zona vive il casuario e un'incredibile varieta' di altra flora e fauna. Ci godiamo gli ultimi giorni di tropical north con una cigliegina finale: il Reef, la Grande Barriera Corallina.
P.D. e' infatti soprattutto mare ed e' famosa per il tratto della sua barriera corallina, qui molto vicina alla costa. Decidiamo di andare all'outer reef, nella zona chiamata Agincourt, per fare snorkelling, un'esperienza indimenticabile.

Indossato il tutino anti-medusa mortale (al largo possono essercene ancora), la giornata prevede l'immersione in tre diversi punti della barriera. In uno Ale nuota con una tartaruga, seguendo anche nell'emersione che culmina in un vis a' vis. Sotto, l'incredibile vita della barriera corallina, compresa la conchiglia piu' grande del mondo, il cetriolo di mare (che teniamo in mano per qualche istante) che e' pieno di sabbia di cui si nutre, il pesce-dai-labbroni-siliconati e tutto lo stuolo di pesci tropicali di circostanza! Il problema squali viene risolto nutrendoli prima dell'arrivo delle barche, cosi' ne possiamo seguire brevemente uno, guidati da un membro dell'equipaggio, senza timore.

Visitiamo anche il Daintree Forest N.P., a nord di P.D., parte del piu' lungo tratto di foresta pluviale ininterrotta al mondo. Qui vive anche la libellula Giant Petalurid che con l'apertura alare di 16 cm e' la libellula piu' grande al mondo.
La popolazione di qui, che ha conservato la proprieta' del luogo, si chiama Kuku Yalanji.

Alla guida Mr Tuffy
Entrati in possesso del furgoncino, ripercorriamo a ritroso e con un altro mezzo il tratto Cairns-Townsville. Le strade al contrario sono sempre diverse, ama dire Gaia, ma non sentiamo le stesse sensazione, gli stessi odori provati con le bici. La bici ti fa comprendere quanto un lugo e' davvero lontano. Ma il furgoncino e' decisamente piu' veloce!
Dormiamo a Charters Towers in un'area di sosta chiamata Columbia Poppet Head, un vecchio punto di estrazione dell'oro dove e' conservato ancora l'antico macchinario in una sorta di museo all'aperto.
Le luci e il frigo non funzionano, cosi' siamo costretti a cucinare al buio. Ale e' furente. Non riusciamo a capire quale sia il problema.
Il giorno dopo e' la tappa piu' lunga ci aspettano circa 800 km per arrivare a Mt Isa, un'altra citta'-miniera (rame, piombo, zinco e altro ancora). Fortunatamente il viaggio e' spezzato con la visita a due luoghi dove sono stati ritrovati importanti resti paleontologici: il Muttaburrasauro, dal nome del luogo e il Kronosauro, escavato a Richmond, ritenuto la capitale australiana del fossile.
Quel che dall'auto sembra un infinito nulla e' in realta' un fragile, ecosistema semidesertico: attraversiamo infatti gli altipiani semi aridi che hanno qui un'incredibile biodiversita' che implica
ben 13 microclimi con la conseguente varieta' di flora e fauna.

Nel "nulla" un cartello: rischio traffico
La sera nonostante le molte ore di viaggio, la batteria ausiliaria continua a scaricarsi, costringendoci a utilizzare un campeggio.
La terza tappa ci porta a Tennant Creek, dove imbocchiamo la Stuart Hwy, l'arteria che unisce Darwin, a nord, con Port Augusta a sud, passando per il centro fisico dell'Australia.
T.C. e' un avamposto nel deserto dove purtroppo vediamo le conseguenze dell'apartheid e poi dell'assimilazione forzata degli aborigeni. che qui sono davvero in condizioni tremende, quanto quelle dei cani, forse abbandonati, che girano per le sue strade.
Qui, decidiamo di andare da un elettrauto che ci dice che la batteria ausiliaria e' da cambiare. Telefoniamo per avere l'autorizzazione del noleggiatore alla sostituzione. Sono le 17 e occorre tornare la mattina seguente; e' allora che scopriamo che c'e' un nuovo fuso orario e che, grazie a quello, siamo riusciti a parlare con qualcuno il giorno prima. Ma a causa di questo siamo arrivati un'ora prima per il cambio della batteria!!

Road trains
Tra i pochi mezzi che incontriamo sulla starda ci sono i temuti (soprattutto in qualita' di ciclisti) camion-treni, cioe' degli autoarticolati lunghi fino a 55 metri, piuttosto diffcili da superare anche su una starda poco trafficata.
Il quarto giorno incontriamo un'incredibile formazione rocciosa, i cosiddetti Devil's Marbles, dei blocchi sferici precariamente in bilico uno sull'altro. Come quasi tutti i luoghi qui, anche questo e' un luogo sacro alla popolazione locale.
Arriviamo ad Alice Springs, vero nome Mparntwe che significa "luogo di incontro" nella lingua degli Anangu e dove le tribu' si incontravano e ancora si incontrano provenienti da tutta l'Australia per scambiare merci e storie. Nata come stazione del telegrafo e di sosta delle carovane cammeliere, A.S. ci pare piu' un insieme di edifici che si sono fatti largo tra le rocce, gli alberi e il deserto che una citta' vera e propria.
Dobbiamo fare le scorte per la destinazione finale: Uluru. In uno dei luoghi piu' secchi al mondo sta piovendo!
Decidiamo di dormire nel parcheggio del Simpson Gap, in lingua locale Urengetyerrpe, sul McDonnell range. E' un posto meraviglioso dove troviamo i black-footed rock wallabies (li vediamo la mattina all'alba) e i dingo. Secondo gli aborigeni locali questa e' la casa di uno dei loro miti ancestrali, la goanna gigante, ed e' anche l'unico posto nel distretto di A.S. che aveva acqua anche nei periodi di siccita'.
Viaggiando continuiamo a veder nuove varieta' di pappagalli dai colori sorprendenti. Il deserto qui non e' per nulla deserto, ma e' popolato da tantissime specie e c'e' percio' anche molta acqua.

Campeggio libero in pista privata
Raggiungiamo Hermannsburg, un tristissimo posto sede della prima missione luterana e dove un famoso pittore aborigeno e' stato costretto a costruire la sua casa (non gli e' statao concesso di abitare ad A.S.) e dove nuovamente e' pieno di aborigeni poverissimi e ubriachi e di cani randagi.
Qui dobbiamo acquistare il Merenjie pass per poter transitare sulla strada chiamata Merenjie loop. Sembrerebbe una pista transitabile anche da veicoli non 4WD. Si rivela essere un incubo di piu' di 200 km che percorriamo in 7 ore circa. A causa di cio' siamo costretti a dormire sulla strada (cosa vietata dal pass), protetti da uno dei due alberi dotati di catarifrangenti. Per fortuna, la batteria funziona, la notte nessuno passa e abbiamo il furgone e non la tenda! Le notti sono infatti freddissime e il vetro la mattina e' brinato. Lungo la strada vediamo mandrie di cavalli bradi e asini e un dromedario che fa capolino su una duna. Durante una delle molte soste, con il calare della sera, udiamo i molti ululati dei dingo che echeggiano sull'altipiano: a Mr Tuffy, imbestialito dalla scelta poco intelligente della strada, si accappona la pelle, ma poi assapora la bellezza dell'immersione, ancora una volta inaspettata, nella natura e nel paesaggio.
Il tramonto e l'alba sono di un'intensita' e di una bellezza rare: il tramonto arriva in parallelo al sorgere della luna, cosi' come avverra' per l'alba il suo calare. Circondati dal rosso dell'outback australiano lo spettacolo fa dimenticare anche il gelo.

In tarda mattinata raggiungiamo il Kings Canyon (in lingua locale Watarraka) dove prendiamo il rim track, la camminata di circa 4 ore lungo il perimetro e sopra e in mezzo al canyon: uno dei posti piu' belli mai visti. Il paesaggio e' dominato da pinnacoli che sembrano le vestigia di pietra di una citta' fantasma e ricordano in maniera impressionante gli stupa buddisti. La frattura che costituisce il canyon sembra tagliata con un coltello ed e' di un colore che varia dal rosso ruggine al rosa, all'ocra. Il fondo valle e' verde e vi e' un tratto chiamato valle dell'eden dove c'e' sempre dell'acqua anche adesso che e' stagione secca.
La mattina dopo, sempre col ghiaccio sul lunotto, partiamo per raggiungere la roccia per eccellenza: Uluru.

Nel cuore dell'Australia
Decidiamo di iniziare la visita al parco nazionale di Uluru (la ex Ayers Rock che ha ripreso il suo nome)-Kata Tjuta da quest'ultimo, meno famoso ma altrettanto meraviglioso. Il nome aborigeno significa "molte teste" perche' da lontano la roccia si presenta come un insieme di cupole (36). Sebbene appaia dello stesso materiale di Uluru, la roccia qui e' diversa ed e' chiamata volgarmente "porrige rock". Se guardi alcuni pezzi caduti capisci il motivo: e' una roccia conglomerato di almeno altri tre tipi "cementati insieme" dall'argilla e dalla sabbia. Anche qui una camminata di alcune ore nella "valle dei venti" ce la fa godere appieno. Poi guardiamo il tramonto e la luna piena che sorge nuovamente in una zona apposita. Molta parte del territorio e' per fortuna tornato agli aborigeni e alcune zone sono di eclusiva pertinenza della popolazione locale per la particolare rilevanza culturale e per il fatto che ancora ci vivono.

Braccati
Probabilmente per questo, la notte non e' possibile sostare all'interno del parco e noi, insiema ad altri, veniamo invitati ad uscire dai rangers. Il parco chiude alla 19,30. Cerchiamo percio' un'area fuori dai confini protetti per pernottare e la individuiamo in uno spiazzo ai margini della strada. In tutta l'Australia si puo' dormire cosi'. Appena iniziamo a cucinare, pero', una pattuglia di vigilantes arriva per dirci che anche li' non si puo' sostare, indicandoci, quindi un'area di sosta a 20 km per evitare di pagare la multa. Gentilissimi ci lasciano finire la cena prima di spostarci. Noi proprio non vogliamo dormire nel campeggio del resort chiamato Yulara, una cittadella di servizio, genere fighetto, che include anche un campeggio.
Nell'area di sosta indicataci, l'incontro con la natura diventa eccessivo: fuori dal van troviamo un dingo avvicinatosi per vedere se c'e' cibo per lui. E' notte e Gaia colta di sorpresa scappa a gambe levate trasalendo e facendo trasalire il povero dingo.

Noi non saliamo mai
Il giorno dopo ripercorriamo i 20 km che ci separano da Uluru per poter ammirare l'alba riflessa sulla roccia, uno dei must d'Australia. Nonostante le molte immagini in circolazione, l'arrivo alla roccia conserva l'incanto di una cosa mai vista. Non sappiamo se sia suggestione, ma il posto e' davvero coinvolgente e non lascia indifferenti. Potete immaginare come la luce dell'alba faccia mutare colore e ombre sulla parete est di Uluru. Iniziamo la gioranta aspettando una visita guidata dal ranger alla base del punto d'ascesa. Ma decidiamo di non salire. La tentazione e' li' quella tutta occidentale della conquista della vetta. Ma gli aborigeni locali che hanno scelto di non impedire la salita, dicono semplicemente: "Non salite. Noi non saliamo mai. Non c'e nulla in cima, e' intorno alla roccia che accadono le cose".
Dopo l'interessantissima visita guidata, camminiamo per i quasi 10 km di percorso attorno alla montagna e capiamo cosa intendano le persone di qui, custodi da millenni di questi luoghi. Alcune zone sono ora interdette a causa della loro particolare rilevanza rituale, sacrale, anche se il termine sacro non rende esattamente il significato che gli Anangu gli attribuiscono. Uluru e' pero' il luogo dove, nella loro mitologia, tutto e' cominciato, e tanto basti.
La giornata memorabile si chiude con l'attesa del tramonto alla parete ovest. La luna questa sera non sale sopra Uluru. La incontreremo solo molto piu' tardi, sulla strada, enorme; a causa delle nuvole ci apparira' come saturno col suo anello.

Nemmeno cittadini
Fino all'arrivo dell'uomo bianco, nel tardo '700, tutte le tribu' australiane vivevano piu' o meno come all'eta' della pietra ed erano piu' o meno comunita' di cacciatori-raccoglitori. erano in grado di utilizzare tutto cio' che li circondava al meglio e di viviere in luoghi apparentemente inospitali come le zone desertiche centrali. Al centro della loro organizzazione sociale la Tjukurpa, la Legge, tradotta impropriamente come Dreamtime o Dreaming, in realta' un complesso sitema etico, sociale, religioso, legale, culturale; questa legge, tramandata oralmente di generazione in generazione con il solo ausilio dei disegni che tutti piu' o meno hanno visto, e' cio' che regolava la vita di individui e gruppi grazie alla quale quasi sempre non era necessaria la guerra. Tale corpo di conoscenze riguarda anche l'utilizzo di erbe, piante, frutti, etc. del bush.
Da completi padroni del loro destino e del loro ambiente, gli aborigeni sono passati a una condizione di paria e poi assimilati a forza, soltanto nel 1985 hanno ottenuto la cittadinanza australiana! Uno dei punti piu' crudeli e' stata la sottrazione violenta dei bambini alle loro famiglie che ha prodotto la famosa generazione rubata. L'idea era di "lavare il sangue" facendo sposare le ragazze ai bianchi, mentre ai maschi era riservato un trattamento anche peggiore di violenze e sopraffazioni. I frutti di tale politica si vedono adesso: la spogliazione culturale ha generato in molte comunita' dipendenza da alcool (sia a Tennant Creek sia ad Alice Springs ci sono leggi speciali che regolano il consumo di alcoolici) e da altre sostanze (nel centro dell'Australia vendono solo un tipo di benzina che non si puo' sniffare!).
Il cambiamento si noto anche nel fisico: le vecchie foto mostrano uomini e donne in buona forma fisica, magri e muscolosi, molti degli aborigeni che si vedono sono ora deformati nel fisico da una dieta stravolta dall'incontro co gli europei.

The Ghan
Dopo varie riflessioni decidiamo, restituito il van ad Alice Springs, di approfittare di una super offerta e di prendere il treno per Adelaide: il mitico Ghan, piu' di mezzo km di vagoni che attraversano da nord a sud (e vicecersa) due volte la settimana il centro dell'Australia.
Il viaggio e' di 25 ore per percorrere i circa 1.300 km che ci portano nella capitale dello stato Sud Australia (il quarto stato che visitiamo). Li passiamo seduti, circondati da una varieta' umana, locali e non, sempre interessante da osservare. Ancora una volta tornaimo allo slow travel. Passiamo anche uno dei fiumi piu' vecchi del mondo il Finke River che appare come un greto secco che, pero', durante la stagione delle piogge puo' inondare i binari e bloccare la circolazione.
Intorno al Ghan, chiamato cosi' dal nome dei cammelli afgani che viaggiavano prima di lui lungo la stessa tratta, circolano varie leggende e aneddoti, uno riporta che essendosi bloccato per giorni da un'alluvione, il capotreno sia andato a caccia di capre selvatiche per sfamare i passeggeri.

Ricominciamo
Ora siamo ad Adelaide che in lingua locale era chiamata Tandaya, il luogo del canguro rosso: si dice che l'altezza di questi marsupiali potesse superare quella di cavallo e cavaliere, ora non ce ne sono piu'.

La citta' e' piena di sorprese e a misura d'uomo e ci fa riconciliare con le citta' australiane.
Presto ripartiremo per raggiungere Melbourne che ancora dista circa 1.300 km. Fa freddo e piove, ma l'ultimo ricordo che conserveremo dell'Australia sara' probabilmente Uluru.