giovedì 10 dicembre 2009

spizzichi e bocconi

In quest'ultima mail troverete: gli ultimi km percorsi, gli ultimi giorni in Thailandia e vari pezzi "rifiutati dall'editore". Insomma potete tranquillmente evitarla...
Ringraziamo e salutiamo tutti e approffittiamo per dire che abbiamo sempre risposto a tutti/e. Se non avete ricevuto risposte e' perche' non abbiamo mai ricevuto la vostra mail o voi la nostra (cosa successa parecchie volte, anche con i parenti).

Tutti a festeggiare il re
A Sa Kaeo, mentre prendiamo un caffe' (fermando un moto-baracchino al volo), arriva uno strano personaggio, con evidenti problemi psichici, che parla il Thai e si assicura che otteniamo dalla venditrice quello che vogliamo (anche se avevamo gia' ordinato). La venditrice ammicca e ci guarda un po' perplessa. Lui ci dice di essere svedese e che considera tutti gli europei "fratelli", ma... gli americani no! Ci fa le solite domande e alza il pollice quando gli diciamo che viaggiamo in bici e poi se ne va.
La tappa successiva ci porta a Chachoengsao, oltre 130 km di sali scendi dolci e strada tranquilla tra i campi di canna da zucchero e alberi che assomigliano a pioppi.
Incontriamo un cicloturista di 72 anni che ne dimostra almeno 10 in piu'. Sta andando in Cambogia e ci fa qualche domanda. E' messo maluccio forse perche', ci racconta, qualche anno fa ha avuto un attacco di malaria fulminante che lo ha reso incosciente per due mesi. Nemmeno in Canada (vive la' anche se e' tedesco) gli avevano dignosticato la malattia. Nonostante tutto ha sempre voglia di viaggiare in bici.
Prima dell'arrivo, abbiamo l'ultimo incidente di percorso, Gaia prende qualcosa e taglia il copertone quasi nuovo, forando: fortuna che abbiamo ancora i ricambi!
Fatichiamo a trovare un hotel, ma una topaia che ci aspetta c'e' sempre! Fa talmente schifo che il giorno dopo andiamo a cercare qualcos'altro. Decidiamo, infatti, di fermarci qui due giorni per andare a visitare il famoso mercato (talat) flottante di Ban Mai.
La citta' e' gigantesca e il suo mercato notturno vivace e ben formito e Talat Ban Mai merita senz'altro di essere visitato. Entri e sei in Cina! Non ci sono farang, ma solo turisti locali/orientali. Le case, tutte in legno, sono di fine '800 e le bancarelle offrono anche specialita' mai viste (e non e' che non ne abbiamo viste...), ma e' la luce, l'atmosfera e la posizione sul fiume che lo rendono interessante e cosi' diverso da ogni altro fin'ora visto. Gaia ne acquista la maglietta!
E poi... poi l'ultima tappa: dritti nell'inferno di Bangkok, per fortuna con il traffico "leggero" della domenica (invece che 10 milioni di automezzi solo 7!). Questa volta, pero', abbiamo acquistato e indossiamo le mascherine che qui usano in molti...
Gia' dal giorno prima del nostro ingresso nella megalopoli, sono iniziati i festeggiamenti per il compleanno del re, quest'anno particolarmente sentito perche' e' molto malato e potrebbe essere il suo ultimo... Molte le strade bloccate e il traffico deviato, insomma questo con l'aggiunta dell'imminente Natale e le orde di turisti, rende la citta' ancora piu' caotica.
I festeggiamenti si protraggono eccezionalmente, a furor di popolo, per una settimana intera fino al 13, giorno in cui partiremo. Viene rimandata anche la manifestazione dei sostenitori di Taksin (che nel frattempo e' diventato consigliere economico del governo cambogiano, come se Berlusconi diventasse consigliere antimafia del governo albanese...). Fuochi pirotecnici spettacolari accompagnano le serate per tutta la settimana (ce ne e' anche a forma di cuore!).
Noi ci buttiamo, prima, nuovamente nel centro commerciale della City, poi, a Chinatown non senza aver sperimentato il trasporto pubblico lungo fiume (Chao Phraya) molto piacevole soprattutto in una citta' cosi' trafficata.
Questa Chinatown e' forse la piu' bella e dinamica mai vista, anche se si fatica a muoversi (e respirare) in alcuni punti. Ci viene sempre piu' voglia di visitare la Cina vera!
Rincontriamo il tedesco "fuggito" dalla psichiatria teutonica incontrato a Chaya, manchiamo invece l'incontro con Hirsch (il cicloturista americano incontrato in Cambogia) perche' ha la bici a riparare e stiamo da parti opposte della citta'; ci teniamo in contatto e forse ci verra' a trovare in Italia...
Durante questo anno di viaggio, ne abbiamo viste tante, di cose belle e di cose brutte, alcune non le scorderemo mai: la stellata sopra Lake Tekapo, il tramonoto del sole e il contemporaneo sorgere della luna nell'outback, gli ululati dei dingo, i mille colori di pappagalli e farfalle, il rumore assordante della giungla la notte, il volto di mamma orango. I volti delle persone. I sorrisi. I saluti.
Ma, parafrasando Saramago, il viaggiatore sa che non ha visto nulla se non ha visto quel luogo al tramonto e all'alba, che non ha visto nulla se non ha visto quel luogo coperto di neve e arroventato dal sole, che non ha visto nulla se non ha visto quel luogo coperto di foglie in autunno e di fiori in primavera.
Abbiamo visto qualcosa. Ora il freddo inverno milanese ci attende. Chissa' quali fiori stanno sbocciando in Nuova Zelanda...

Diamo i numeri
Partite a scala quaranta: circa 450 tra pre cena e post cena.
Partite a dadi: almeno 1.000. Ci si giocava anche in tenda, ci giochi quando sei stanco, mentre aspetti qualcosa...
Litri d'acqua bevuti: siamo passati dal picco di 12 litri al di' nell'outback australiano ai 3 litri nell'inverno della Great Ocean Drive. Facendo una media, sono circa 2.100 litri consumati. Ci teniamo a sottolineare che in NZ, AUS, Singapore abbiamo utilizzato solo acqua del rubinetto (anche la misteriosa bore water) che neanche a casa... In Malesia, Thailandia e Laos abbiamo quasi sempre potuto utilizzare distributori di acqua potabilizzata o approfittare della gentilezza di hotel e ristoranti. In Cambogia e a Sumatra abbiamo spesso utilizzato le nostre pastiglie potabilizzanti. Abbiamo cosi' ridotto al minimo l'acquisto di bottiglie di plastica, alcune hanno addirittura fatto la muffa (sara' colpa della bore water?).
Kilogrammi di frutta consumati: circa 600 kg, insomma non siamo riusciti a battere il record del buffet degli elefanti...
Quantita' di uova mangiate: non siamo grandi consumatori di uova che nella nostra normale dieta entrano al massimo nella preparazione di qualche frittata, souffle', torta...
Ma quest'anno a partire dall'ingresso in Asia, volenti o nolenti, abbiamo mangiato spesso due uova al giorno. Facendo una media, abbiamo mangiato in 5 mesi circa 200 uova! Coccode'!
Litigi: uno dopo colazione, innescato dalla domanda di Gaia: "Dove dobbiamo arrivare, oggi?"; uno a meta' mattina, innescato dalla domanda di Gaia: "Ma tu non stai facendo fatica?"; uno prima di pranzo, innescato dall'affermazione perentoria di Ale: "Io ho fame!"; uno a meta' pomeriggio, innescato dall'affermazione perentoria di Ale: "Io ho fame!"; uno per cena, innescato dalla domanda di Gaia: "Fai tutta quella pasta?" o dall'affermazione: "Non ti lamentare se poi ti viene la pancetta...". Per complessivi litigi: vedi litri di acqua consumata.
Copertoni consumati: sette (l'ottavo sara' cambiato a casa, il copertone anteriore di Ale ha retto da Singapore a Bangkok, con tutto quello che ci sta in mezzo).
Camere d'aria: otto. Dopo la sesta riparazione le devi proprio buttare (impossibile, invece, contare il numero di forature).
Luoghi in cui abbiamo dormito (campeggi, ostelli, hotel...): piu' di duecento.
Meccanici a cui ci siamo rivolti: 9. Ma in molti altri abbiamo comprato pezzi di ricambio o chiesto consulenze. Continuiamo a sconsigliare di rivolgersi a Woolley's a Sidney!
Quantita' di crema solare spalmata: 2.200 ml. La maggior parte della quale lasciata da altri, soprattutto negli ostelli. Protezione sempre, anche se si e' gia' abbronzati, quando si sta molte ore al sole a pedalare! Il sole puo' essere cosi' forte da abbronzarti la schiena anche attraverso la maglietta da bici.
Quantita' di crema "salva chiappe": 100 ml. Mitica!
Quantita' di crema "ripara chiappe": 80 ml. Mitica!
Barattoli et simili: nel periodo di punta, siamo stati in possesso e hanno viaggiato con noi piu' di 30 barattoli e tubetti ricaricabili di plastica, da quello per il grasso della bici a quello multiuso per marmellata e miele. Ci siamo alla fine dimenticati di fotografarli tutti insieme, tipo foto di classe.
Cani affrontati: in Thailandia, almeno un cane al giorno ha attentato alla nostra incolumita', ma in alcuni casi ci sono stati interi gruppi di cani. Diciamo 90 cani? Su tutti spicca il famoso pitbull...
Kilometri percorsi in bici: superati i 15.500 km!
(pezzo rifiutato dall'editore con la seguente motivazione: inutilmente tassonomico!)

Codici stradali

Le guide turistiche si soffermano spesso lungamente sulla pericolosita' e spericolatezza della guida nel sud-est asiatico e altrove. Per ogni Paese, viene riferito che l'unica regola e' che ha la precedenza il mezzo piu' grosso. Ma questo e' soltanto il punto di vista superficiale di noi occidentali. Un codice stradale in realta' esiste ed e' rispettato in maniera ligia. Bisogna pero' imparare a conoscerlo. Ad esempio, il cartello stradale "divieto d'accesso" e' cosi' codificato: quando (non se!) andate contromano, dovete tenere il piu' possibile la destra (o la sinistra a seconda dello Stato) e dare la precedenza al mezzo che viene in direzione opposta (anche a una bici!).
Quando il semaforo e' rosso, non c'e nessun problema se girate a destra (o a sinistra...), ma dovete guardare attentamente che non arrivi nessuno negli altri casi.
Lo specchietto retrovisore serve a controllare che il carico non vada disperso e, in subordine, la crescita di nuovi peli superflui sul volto. Se si rompe, tenete percio' in macchina un qualsiasi specchietto e fissate bene il carico.
Quando superate un veicolo o vi immettete in carreggiata, il mezzo che rimane dietro di voi e' l'unico a doversi preoccupare...
(pezzo rifiutato dall'editore con la seguente motivazione: l'editore si addormenta a questo punto della lettura)

Piccoli record
Ale ha utilizzato lo stesso paio di mutande per 150 (centocinquanta) giorni nell'arco del viaggio, lanadole, bien sur. Il penultimo giorno ha affermato: "Non sono piu' elastiche; si sono irrigidite..." e Gaia: "Ma non le dovevi buttare?" Ale: "Sono solo un po' lise... sono quasi nuove, me le ha regalate mia sorella lo scorso Natale..."
(pezzo rifiutato dall'editore con la seguente motivazione: impossibilita' di registrare il record!)

Dal nostro corrispondente a Siem Reap Marie Anne Jumpers
Qui la situazione e' disastrosa: trovare una piscina a forma di cuore o multivasche con idromassaggio e' impensabile. Se Cristo si e' fermato ad Eboli, qui non ci e' proprio mai arrivato e la civilta' si e' fermata all'Angkor Wat...
La noia la fa da padrona! Io a New York gareggiavo con la Hillary Clinton in fatto di vestiti e bon ton, ma qui cosa ci sto a fare io? E chissa' che fine a fatto quella cornuta della Hillary...
Quando mi hanno inviato qui, mi hanno detto di leggere un tale Tiziano Trezzano o qualcosa del genere... ma ho guardato la bibliografia non c'era niente che non mi facesse addormentare gia' dal titolo. Poi mi sono precipitata su "A macchia di leopardo" pensando che fosse una guida pratica all'acquisto di pellicce pregiate nel sud-est asiatico. E invece nulla, nulla di nulla... Ma chi si ricorda e chi vuole sapere delle guerre di trent'anni fa!
E anche la cucina e' un problema. Mentre sei li' che mangi nel tuo bel ristorantino, vengono questi qui a farti "gnam gnam" per farsi dare due soldi. Ma lasciami stare che mi rimane il dolce sullo stomaco! e poi gnam gnam lo faccio io che prendo antipasto, primo secondo, terzo e birra e whisky a volonta'. On the rocks, per fortuna.
E ce ne sono di quelli che vengono li' senza una gamba, senza un braccio... come e' poco chic ostentare le proprie amputazioni! E che noia! Dico, se gia' hai perso una gamba e ti hanno dato l'arto bionico, non puoi venirti a lamentare perche' hai perso anche il braccio e vai in giro col moncherino...Come diceva la mia maestra, la distrazione si paga sempre! . Qui c'e' un intero popolo di distratti!
(pezzo rifiutato dall'editore con la seguente motivazione: ma no dai, no!)

PS. Qualcuno ricordera' Maria Giovanna Maglie, per molto tempo corrispondente inutile per la RAI da New York. Questo pezzo e' "dedicato" a lei e ai suoi inutili servizi giornalistici. Ma anche ai molti barang simili a lei visti a Siem Reap.

Apprendimenti impossibili
Ale e' partito con l'intento di emulare Siddartha: saper pensare, saper aspettare, saper digiunare. Nel corso di questo anno, e' apparso chiaro che i tre pilastri si stessero rideclinando nel seguente modo: aspettare, poco; pensare, male; digiunare, mai!
L'obiettivo e' completamente fallito.

Certo e' brutto finire cosi': Bangkok - Milano via Londra, qualche ora di volo e neppure su un materasso...

giovedì 3 dicembre 2009

In Cambogia

Lasciamo Surin e il suo festival degli elefanti (ca. 300 pachidermi riuniti per l'occasione, un banchetto "reale" per loro e una manifestazione davvero singolare, anche se un po' circense, per noi) e raggiungiamo la Cambogia, che ci siamo tenuti per ultima in questo viaggio che e' partito dall'occidente australe (Nuova Zelanda e Australia) per penetrare sempre piu' in Oriente.
Ci spostiamo, per la seconda volta, su lato destro della strada, ritroviamo le scritte in alfabeto latino e le baguettes, come in Laos, e diventiamo barang.
La Cambogia ci entra subito nel cuore e ora che ne abbiamo assaggiato un pezzetto ci viene la voglia di esplorarla bene in futuro... con delle bici piu' adeguate.

Elefanti e cetrioli
Prima di partire, finalmente, alla volta della Cambogia, ci godiamo il fantasmagorico festival degli elefanti, a Surin, un evento faraonico che coinvolge tutta la citta'. Per prima cosa vediamo la parata di carri allestiti con frutta a verdura con una perizia che ricorda i quadri dell'Arcimboldo, bande di ottoni (anche interamente al femminile), suonatori di strumenti tradizionali, danzatrici e danzatori in costume e ovviamente gli elefanti.
La mattina seguente assistiamo al famoso buffet, il piu' grande al mondo, dove scopriamo che anche i pachidermi hanno le loro preferenze: chi e' amante dei cetrioli (in molti), chi delle rape, chi delle banane...va poco invece la canna da zucchero e l'ananas, piu' faticoso da mangiare (con la proboscide si staccano il ciuffo verde!). Molti hanno la targa e dopo la colazione vengono usati a mo' di taxi in giro per la citta', cosi' che si passa vicino a loro anziche' ai triscio'!
Il clou della manifestazione e' lo show nello stadio, dove vengono fatti esibire insieme a vere e proprie schiere di comparse in costume, che danzano e suonano, ca. 300 elefanti: vederli tutti insieme e' emozionante. Avresti pero' voglia che diventassero consci del loro potere e rompessero le ridicole barriere per scappare nella foresta...
Approfittiamo della permanenza in citta' per... non stare fermi! Visitiamo i villaggi di Khwao Simarin e Ban Chock famosi per la lavorazione di tessuti di seta e argento, in particolare "perle" d'argento, lavorate a formare un pezzo a se', spesso in forme naturali (fior di loto, elefantini etc.), poi unite a formare le collane e i bracciali tipici.

Un popolo di sminatori
Gli ultimi km in terra thai sono gia' terra di nessuno, solo qualche pastore con vacche o bufale e alberi enormi, sparsi.
Arriviamo al posto di frontiera semi deserto di Chong Jom - Osmach. I doganieri thai ci riforniscono di acqua e ci trattano benissimo, facendo anche pubblicita' al sito archelogico dei vicini "scomodi".
L'ufficio doganale cambogiano e' vuoto, c'e' solo un fornello per terra insieme a della carne cruda, pronta ad essere cucinata a momenti (sono quasi le 12). Anche se con alcune lentezze burocratiche e un rimbalzo da uno sportello a un altro per timbri e moduli, otteniamo il visto (pagato in moneta thai e non locale!) e il via libera senza problemi.
Dalle 4 corsie perfettamente asfaltate passiamo a un km di strada in cemento che termina in una pista che prosegue a perdita d'occhio. E' rossa.
Sapendo che ci aspettano 40 km di sterrato (ma saranno 120), preferiamo fermarci qui, in mezzo al nulla, tra le folate di terra e qualche barracca, proprio baracca, di cartone piu' che lamiera, che fa da negozietto o "ristorante". Poco oltre, un campo rifugiati.
Pranziamo in uno di questi miseri luoghi, dove il pavimento e' esattamente come la strada: terra rossa e pietre e buchi. C'e' solo coca-cola, per la prima volta dalla partenza cediamo e ne prendiamo una in due. Con ghiaccio cambogiano.
Beviamo il caffe' nel locale a fianco, zeppo di uomini che guardano un incontro di thai boxe. L'oste e' l'unica donna, poi arriva Gaia. Gli avventori immediatamente ci fanno spazio e ci trovano due sedie. Ci beviamo il caffe' in un angolo, attaccati al bancone per permettere la visione della TV alla folla, che divide la sua attenzione tra noi e lo schermo. Nel tardo pomeriggio, si gioca a pallavolo in un campo vicino, cosa che vedremo fare in molti altri posti, essendo il calcio impossibile in molte parti del Paese a causa delle mine.
La sera raggiungiamo uno dei due posti dove cucinano, nel buio totale cercando di evitare le buche. Fanno zuppa ed e' pieno ancora di soli uomini. E' buonissima e del genere fai da te: ti danno la vedura, il fuoco e quando vuoi ti riforniscono di brodo che poi e' la cosa migliore. C'e' un signore che insieme ad un altro, parlando l'inglese, ci fa da cicerone culinario e spazio al tavolo. Mentre lui parla, l'altro traduce a un terzo che si aggiunto a mangiar zuppa.
C'e' una stellata incredibile e il silenzio della campagna povera, del dopoguerra, della Cambogia. In cima alla collina, la BRD con le sue luci sfavillanti, ma qui, in DDR, mangiano felici la loro zuppa di orgoglio nazionale. Khmer.
La guesthouse dove dormiamo e' molto meglio del previsto e i proprietari, nonostante non parlino che khmer, si adoperano per comunicare con noi.
Ora pero' alcune cose vanno dette. Non parliamo spesso della poverta' in cui ci troviamo, ma qui e' diverso; qui c'e' una poverta' data anche, acuita, da cio' che e' successo alla societa' cambogiana a partire dall'ascesa al potere degli khmer rossi.
Non e' bastato un regime totalitario e folle. Finito questo i "nuovi" governanti (solo alcuni delle centinaia di persone implicate nei massacri hanno avuto un processo e stanno scontando una qualche pena, vittime e aguzzini si incontrano al mercato...), hanno pensato di confiscare le terre coltivate ai contadini o a coloro che lo erano diventati per forza, e di dar loro in cambio quelle minate. I contadini sono diventati cosi' sminatori de facto: chi ha perso un braccio, chi una gamba, chi entrambe, chi gli occhi, chi la vita. Le terre date come bonificate erano in realta' piene di mine antiuomo. La Cambogia ha due tristi primati, il piu' alto numero di invalidi legati alle mine e il campo minato continuo piu' lungo al mondo. Persino il sito di Angkor e' stato minato.

Polvere e sudore
La strada che da Osmach porta a Samraong e' di terra rossa, ma piu' che buchi ci sono fossi, probabilmente fatti dall'appena trascorsa stagione delle piogge, e ora e' come il greto di un fiume: le acque ritirate lasciano cicatrici profonde con le quali chi passa deve fare i conti. Acqua e cicatrici d'acqua, questa e' la pista di oggi.
Il vento per fortuna sgombra velocemente la molta polvere sollevata dalle auto lanciate a folle velocita' verso chissa' cosa. In bici solo bimbi e ragazzi, gli altri in bilico, sui tipici motorini asiatici. Del resto, chi sopravvive qui, chi sopravvive a Pol Pot, non puo' temere le voragini e la sabbia dei greti in secca. Durante il suo regime, l'intera popolazione di Phnom Penh e' stata forzata ad andare nelle campagne, la proprieta' privata e la moneta (!) soppressa, la gente obbligata percio' al baratto, medici, insegnanti, artisti, monaci rinchiusi in campi e spesso tortutati e uccisi. Un sesto (1/6!) della popolazione del tempo e' stata massacrata in un modo o nell'altro, la cultura annientata.
Non c'e' un paesaggio, oggi, ma solo il rosso della strada, brullo, campi minati, ma anche qualche albero gigantesco, bellissimo, sopravvissuto alla devastazione della guerra.
La gente ha visi stupendi, i piu' belli visti fin'ora. I volti di alcuni bambini fanno venire le lacrime, la loro bellezza, mista allo stupore e al moccio dei nasi.
Cerchiamo di salutarli tutti (ma sono davvero tanti: meta' della popolazione e' al di sotto dei 15 anni!), per mostrare anche ai piu' stupiti che, nonostante il travestimento, la razza e' la stessa!
I ciclisti sono decisamente la categoria di barang piu' prendibile, in tutti i sensi: alcuni bimbi superano Gaia, agili sulla sabbia. I piu' piccoli restano comunque a bocca aperta al nostro passaggio. I saluti dei bambini, quando li contraccambi, diventano sorrisi senza confini che ti penetrano nel cuore.
Ale e' un mostro per i primi 20 km, si agita, sbraita, dice che Gaia deve comprarsi il famoso materasso volante, checolcavolochefailgirodelmondoinbici! Ma Gaia continua ad andare come puo'
(anche spingendo). Poi si rilassa e gli si puo' parlare. Viaggiare con lui in bici e' un po' come fare l'addestramento col monaco taoista di Kill Bill: e' dura, ma se lo completi, poi magari riesci a liberarti da una tomba se ti ci rinchiudono viva!
A Samraong dormiamo ancora una volta nel silenzio quasi assoluto della natura. Quando arriviamo siamo completamente ricoperti di terra rossa, noi, le borse e le bici. Anche qui usano la mascherina, ma non per la H1N1, ma per non mangiare la polvere di cui sono fatte quasi tutte le strade ad eccezione delle due strade che tagliano il Paese da est a ovest, una verso Siem Reap e l'altra verso Phnom Penh.
Da Samroang a Kralanh ci sono altri 80 km di sterrato, anche se in buone condizioni; infatti, compaiono, oltre alle moto, strani furgoni "aperti", senza parabrezza, il cui conducente viaggia col casco integrale da moto, adibiti a trasporto pubblico, inesistente qui. C'e' anche un venditore porta-a-porta di ogni tipo di recipiente, compresa le padelle, in terracotta. Per preservarle, e' carico di paglia! Complessivamente, percorriamo piu' di 120 km continuativi di sterrato, il piu' lungo tratto in bici da noi mai effettuato, ivi compreso il Madagascar.
A poco piu' di meta' strada, veniamo salutati da un gruppo di studenti adolescenti, tra cui ne spicca uno, elegantissimo, con un enorme fascino e un aplomb british. Ci fermiamo a scambiare quattro chiacchiere, piacevolmente colpiti dal suo inglese fluente, dal suo portamento da divo hollywoodiano e dall'eleganza fuori posto, superiore alla polvere che travolge tutto e tutti.
Ci resta impressa la sua frase, fuori luogo, come lui: " I know European people love activity... ma se me lo chiedeste, io a Siem Reap ci andrei in macchina! E' cosi' distante e fa cosi' caldo!"
Notiamo subito che, anche in queste zone quasi irrangiungibili e poverissime, le case nuove, sono di una qualita' superiore a quelle fin'ora viste altrove e con un'attenzione al dettaglio rimarcabile; ricordano, in meglio, quelle tipiche australiane (queenslander). Se la ristorazione veloce va lasciata ai thai, le case fatele costruire agli khmer!
Finalmente, passiamo interi insediamenti, non sappiamo se veri e propri villaggi, risaie, allevamenti, di anatre e mucche. Molti dei campi sono recintati perche' la zona ancora non e' stata tutta messa in sicurezza. Per fare i nostri bisogni, restiamo sulla strada, facendo attenzione che non arrivi nessuno.
La luce ricorda le giornate limpide al mare, a giugno; invece siamo tra il verde surreale di queste risaie recuperate alle mine.
Poco prima di raggiungere l'asfalto di Kralanh, incontriamo Hirsch, un americano, cicloturista in giro da 5 anni. Scambiamo informazioni sulla strada e indirizzo mail e ci diamo appuntamento a Bangkok (lui torna a casa da li' per Natale, per fare una sorpresa ai suoi).
Noi ci fermiamo nell'unica guesthouse di questa cittadina per ripartire poi alla volta dei templi di Siem Reap. Ci sono due piccole "serve" che puliscono i bagni. I bambini che lavorano sono tanti, in un Paese senza alcun tipo di welfare: bimbe troppo piccole per aprire la porta di una stanza, la devono pulire; bimbi che non hanno un letto, lo devono rifare; bimbi sfruttati sessualmente (la Cambogia sembra essere la nuova Mecca dei pedofili); bimbi che non hanno da mangiare, mentre i nostri ne hanno cosi' tanto da diventare adulti obesi e malati. Bimbi che non vanno a scuola o che ci vanno solo part-time, quando si puo'; bimbi che pero' ti salutano sempre.
Anche dove c'e' l'asfalto, la diversita' con i Paesi vicini e' palpabile: pochissimi e poverissimi i venditori di cibo di strada, quasi nessun dolce in vendita (e chi ha i soldi per comprare?).
Spesso vediamo giusto venditrici di riso glutinoso cotto nel bambu': prima dell'avvento del regime degli khmer rossi, la Cambogia era tra i maggiori esportatori di riso al mondo. Poi la carestia e la fame, cosa mai sperimentata prima dalla popolazione.

Siem Reap, Siam sconfitto
Ancora oggi, l'antica rivalita' e' inscritta nei toponimi khmer: Siem Reap significa infatti: "Il Siam (l'antica Thailandia) e' sconfitto".
Questa citta', come ci aveva anticipato il nostro cicerone culinario, e' molto diversa dal resto del Paese: arrivi qui e, a parte il delirio del traffico (secondo soltanto a quello indiano, dove tutti fanno quello che vogliono e non si rispetta nemmeno il semaforo, suonando in continuazione), sembra di essere in una cittadina europea, zeppa com'e' di ristorantini super perfetti, hotel anche di super lusso, boutiques con l'artigianato piu' pregiato.
Se il delirante regime comunista aveva eliminato la moneta, qui e' un tripudio di dollari, tutti hanno esposto il menu' in dollari, gli hotel chiedono dollari, persino le bancarelle di frutta (anche se poi accettano la loro moneta, il riel). Se le citta' erano state svuotate, ora tutti cercano di viverci, per cercare di raccattare qualche pezzetto della ricchezza lasciata dai moltissimi turisti o anche solo per poter usufruire dei servizi offerti dalle molte ONG presenti (c'e' un mitico ospedale dei bambini gratuito, gestito da un incredibile dottore che il sabato suona il violoncello per raccogliere fondi; una folla e' sempre radunata al suo esterno). Se avevano cercato di far scomparire ogni traccia della cultura khmer, moltissimi sono gli artigiani e gli artisti che qui lavorano. Se la fame e' stata la costante per moltissimi anni (e lo e' ancora per molti), qui si formano i migliori cuochi del Paese e qui c'e' stata una vera e propria rivalutazione della cucina khmer.
Siem Reap ha piu' mercati; quello notturno e quello "vecchio" sono letteralmente presi d'assalto e offrono un'incredibile varieta' di oggetti d'artigianato fatto anche con materiali di riciclo (alla cubana, all'africana), ma di un livello davvero notevole. La seta e' il pezzo forte tra i prodotti in vendita, il loro design non ha nulla da invidiare a quello della cosiddetta alta moda (ad es. le borse). Moltissimi prodotti sono fatti da piccole imprese di donne o di persone diversamente abili (qui questo termine ha davvero senso). Moltissimi bambini e uomini che hanno perso arti sulle mine vendono i terribili libri che raccontano della terribile storia della Cambogia per guadagnarsi un pezzo di pane. Gente orgogliosa che spesso parla lingue straniere. Poi ci sono anche i poverissimi, fuori anche dai circuiti dell'aiuto che chiedono le elemosina, quasi tutte mamme con neonati che ti si strappa il cuore quando, mente passeggi o mangi ai tavoli ti si avvicinano e sussurrano: "Gnam gnam" indicando il loro piccolo e mostrando un biberon vuoto. Scene purtroppo gia' viste altrove, anche a Milano...
In mezzo a questo variegato, complesso universo, girano anche qui, turisti che definiremo a' la Vang Vieng (cfr. puntate precedenti): girano a torso nudo, con birre in mano, con mini pantaloncini o tette (scusate!) fuori dalle mini canottiere, a volte a caccia di droga che ti offrono per le strade, la sera (pure qui c'e' un happy ristorante che fa pizze a base di sostanze psicotrope!) e che hanno il coraggio di dire alle mamme che chiedono l'elemosina: "I don't have any money!", con i dreadlocks ben curati finto rastaman o le meches appena uscite dal parrucchiere.
A Phnom Penh girano, secondo le stime dell'UNICEF, tra i 10.000 e i 20.000 bambini di strada, la meta' dei quali dipendenti da sostanze per necessita' loro o dei loro sfruttatori.
Forse perche' siamo invecchiati, fose perche' giriamo in bici necessariamente in stretto contatto con la realta' che ci circonda, forse perche' siamo stati via un anno intero, ma ci sembra palese la decadenza morale, e non solo, dell'Occidente, per lo piu' obeso, viziato e colonialista.
Ci solleva il morale un anziano cicloturista francese, in pensione, che ci riconosce suoi "simili" e che, tra le altre cose, afferma (nonostante i suoi figli cerchino sempre di dissuaderlo dal partire): "In tre mesi di bici si vedono piu' cose di quante la maggiore parte delle persone vede in una vita intera". Se si sa guardare, aggiungiamo noi.
Per quanto riguarda l'impressionante bellezza del sito religioso piu' grande al mondo, patrimonio UNESCO, la magnifica commistione di jungla e rovine archeologiche, la vastita' di Angkor, rimandiamo a questi due siti

www.world-heritage-tour.org/asia/southeast-asia/khmer-empire/cambodia/angkor/map.html
www.angkor-ruins.com (in giapponese e inglese)
Diciamo solo che e' valso il viaggio, che e' un sito che regge il confronto con i maggiori altri al mondo, forse piu' noti e che, nonostante abbiamo pedalato da mattina a sera per tre giorni interi(tanto durava il biglietto acquistato) non abbiamo finito di vedere i suoi templi.
Ci fermiamo in questa citta' di contrasti anche per visitare, in maniera purtroppo superficiale, il lago unico al mondo, il Tonle' Sap. La sua unicita' sta in questo: da maggio a ottobre, il livello del Mekong sale a causa delle piogge al punto da far invertire il corso del fiume dal nome omonimo, facendolo scorrere verso il lago che cresce, allagando la piana circostante (la superficie passa da 3.000 a 7.500 kmq). Esistono percio' villaggi fluttuanti che si spostano a seconda della stagione e del livello delle acque. Quando, tra ottobre e maggio, il livello del Mekong diminuisce, il fiume Tonle' Sap inverte nuovamente il suo corso e le acque del lago possono defluire.
Questo straordinario fenomeno fa del T. Sap uno dei bacini d'acqua dolce piu' ricchi di pesce al mondo e la principale fonte di cibo della Cambogia, sfamando piu' del 40 % della popolazione.
Indovinate un po'? e' uno degli ecosistemi piu' a rischio a causa delle dighe progettate sul Mekong e che servono soprattutto alla Cina e alla sua voracita' di kilowattora. La Cambogia e' il Paese dove un kw/h costa di piu', sembra, al mondo, ma anche uno di quelli che consuma di meno, come molti Paesi poveri.
Visitiamo anche il wat Athvea (che vuol dire tempio del niente perche' non se ne sa nulla), fuori dai circuiti turistici, in mezzo la campagna che circonda S.R. Ci raggiungono correndo due ragazzi a servizio dai monaci del tempio nuovo; come per molti altri, questo e' l'unico modo per avere un'educazione e aiutare le famiglie: lavorare per i bonzi, preparando il cibo, pulendo e seguendone la faticosa routine che inizia alle 3.30 della mattina. Ci parlano del tempio, ma soprattutto di loro e dei loro sogni di adolescenti nella Cambogia in mutamento. Ci mostrano anche dove i resti dei poveri (che non possono perrmettersi le mini pagode per le loro ceneri) vengono tenuti: dietro l'altare del Buddha, in pezzi di stoffa in foggia di stupa, in attesa di tempi migliori.

Ritorni
Lasciamo S.R. per Sisophon, citta' crocevia delle due uniche strade maggiori asfaltate. Lungo la strada vediamo tante persone pescare nell'acqua marrone-aranciato di pozze e canali a bordo strada. Chi immerso, chi lanciando reti rotonde con ai bordi pesi per imprigionare i pesci in una sorta di sacca, chi a mani nude. Quasi nessuno con la canna.
Ci superano furgoni iper stipati di persone, camionette iper stipate di persone e cose con motorini che penzolano giu' per meta' e c'e' pure sopra il proprietario che si tiene. Un tizio in motorino affianca Gaia e dopo le solite domande di rito le chiede se quello avanti (Ale) sia suo padre!
Dormiamo in una bella casa di legno che sembra vecchia e gia' al tramonto udiamo dei canti (gia' sentiti alla periferia di S.R.) che sembrano funebri. Gaia va a sbirciare ed effettivamente alcuni stendardi bianchi e la presenza di monaci segnalano che e' in corso una veglia. I canti sono tristi, struggenti, ma non disperati. Ricordano un blues degli schiavi africani o le canzoni irlandesi per quelli che partivano per gli Stati Uniti. Si fermano poco dopo il tramonto e riprendono prima dell'alba. Una voce di donna si alterna a quella di un uomo.
La mattina dopo, l'oste, che parla un ottimo inglese, ci spiega che sono proprio lamentazioni funebri che ricordano che, quando sei vivo, non pensi alla morte, ma poi quando muori quello che hai fatto conta, perche' altre esistenze si aprono.
La tristezza non e' totale, e' la tristezza di una partenza; la morte, anche qui in terra khmer, e' solo un passaggio: altre vite attendono le anime khmer.
Anche noi siamo tristi. Anche noi partiamo. Lasciamo Sisophon per passare la frontiera questa volta a Poipet-Aranya Prathet per approdare in terra thai insieme ad una miriade di carri e carretti (i piu' strani hanno la trasmissione manuale fatta da una sorta di pedale con una lunga catena connessa alla ruota anteriore), poveri come chi li spinge: sono i cambogiani della "DDR" che vanno a rifornirsi di ogni tipo di mercanzia nella "BRD", sotto gli occhi impassibili dei doganieri...
Ora, arrivati a Sa Kaeo, 300 km ci separano dalla capitale e solo 10 giorni dal nostro ritorno.