domenica 30 agosto 2009

Anno Domini 2553

Sopravviviamo al viaggio in bus; partenza ore 20.30, ma con ca. mezz'ora di ritardo, siamo contenti perche' cosi', anziche' arrivare alle 4.30, dovremmo arrivare alle piu' umane 5; invece, nonostante le molte fermate, la strada di montagna e una lunga pausa nel mezzo del viaggio in uno spiazzo con sole bancarelle di cibo... giungiamo a destinazione alle 3.50 am!!! Completamente tramortiti dal sonno, cerchiamo i bagagli tra la selva di quelli degli altri passeggeri, quasi tutti diretti a Sungai Petani, e tiriamo giu' le bici semi smontate sotto lo sguardo del guidatore che non ci aiuta minimamente. Il bus riparte. Restiamo solo noi, due auto che aspettano qualcuno, un tassista deluso che se ne va poco dopo, un paio di cani. Ci sono grosse pozze, speriamo che non inizi a piovere e montiamo le bici, per fortuna c'e' un lampione dove il bus fa la fermata. Non sappiamo bene cosa fare. Arriva un local e ci dice a gesti che se vogliamo mangiare c'e' un posto. Ci sembra un po' prestino. Ci mettiamo al primo piano di una sorta di centro commerciale, tutto chiuso ad eccezione di un rivenditore di mobili (?!) e motorini (?!), dove il custode dorme su uno dei suoi pezzi esposti. Ci diamo una lavata (c'e' un bagno aperto!!! questa e' vera civilta'!), ci travestiamo da ciclisti, ma poi decidiamo di dar fondo alle nostre piccole scorte di cibo, nonostante l'ora. Ale fa poi un giro di ricognizione e vede una luce che sembra provenire da un locale vicino. Armi e bagagli, scendiamo e procediamo verso il presunto locale: e' un ristorante cinese! enorme! aperto! con i panini cinesi appena tolti dal vapore! e il te' !!! Ci sono gia' alcuni avventori (sono ca. le 5 am) che leggono il giornale e bevono te'. Ordiniamo due caffe' e due panini dolci, ma dobbiamo aspettare perche' sono troppo caldi e non li servono cosi'. Piove. Poi arriva uno dei gestori e ci chiede del nostro viaggio, dandoci anche una cartina della citta' subito al di la' del confine. Altri due panini e caffe' e, alle prime luci dell'alba, partiamo: la Thailandia ci aspetta.

Ramadan e dintorni
Prima di prendere il bus, facciamo un giro al famoso mercato del venerdi' sera di K. Terengganu. Vale la pena venire in questa citta' anche solo per visitarlo e gustare le sue prelibatezze gastronomiche e la festa di persone che lo anima. Troviamo alcune specialita' mai fino ad ora assaggiate e dolci mai visti. Ale segnala spiedini di giganteschi gamberi.
La sera dopo, ad Alor Setar, tornati sulla costa ovest, ci troviamo nel mezzo di uno straordinario banchetto di strada, probabilmente allestito per il primo week-end di Ramadan, anzi il primo giorno. Gia' dal pomeriggio presto, i primi piatti vengono esposti e noi non resistiamo. Torniamo la sera, intorno alle 19, ora del tramonto, quando sta per terminare il digiuno ed e' un'atmosfera da vera sagra paesana, con famiglie intere che acquistano sacchetti e sacchetti di cibarie e si predispongono intorno ai tavoli, aspettando pazientemente che arrivi la chiamata del muezzin. All'ora fatidica, iniziano tranquillamente a mangiare, mentre noi, un po' per liberare il tavolo, un po' per fame, non abbiamo resistito e ci godiamo solo lo spettacolo di un rito davvero sentito e collettivo.

Confini
La mattina piove; consumiamo la colazione e attendiamo; Ale sostiene che "in un paio d'ore tutto si risolve": giochiamo a dadi per due ore e ancora piove. Alle 10.30, alla speranza si sostituisce la determinazione: partiamo.
Al diluvio si alterna la pioggia, non c'e' mai traccia di cielo all'orizzonte. Temiamo che non smettera' che a dicembre, termine del monsone. In piu', la strada e' la superstrada che collega Malesia e Thailandia e passano anche tanti mezzi pesanti che sollevano onde fantozziane su di noi. Anche i canali lungo la strada tracimano. Arriviamo, gia' zuppi, in frontiera. La doganiera malese e' malesemente gentile e rapida, mentre quella thai non parla inglese e ci manda a compilare dei foglietti, nonostante abbiamo gia' il visto. Glieli restituiamo, anche loro, zuppi.
Al di la' della barriera, la Thailandia: acqua fitta, casino, donne dalla dubbia professione che guardano da sotto i porticati, grossi pick-up dai vetri oscurati.
Proseguiamo fino alla citta' di Sadao dove abbiamo il primo impatto con i caratteri thai a noi incomprensibili e l'ignoranza dell'inglese anche nell'unico hotel che troviamo.
Capiamo che e' un hotel solo perche' ha i caratteri arabi "24" ad indicare che e' sempre aperto (mentre mr. Tuffy gia' cerca di decrittare la scrittura, nonostante sia fradicio fino alle ossa).
Scopriamo di dover spostare le lancette dell'orologio un'ora indietro e passare dall'anno (islamico) 1430 a quello (buddista) 2553! e tutto in soli 65 km!

Primi passi
Per chiedere la carta igienica, Gaia deve scendere alla reception con la carta igienica; in seguito dovra' fare il verso del maiale per evitare di vederselo mettere nel piatto: la questione linguistica si rivela, dopo mesi, per la prima volta, dura. Anche perche', chi sa che verso fa una seppia? La nostra guida riporta una frase che dovrebbe significare: "Sono vegetariana", ma la prima volta che, facendosi coraggio (la pronuncia della lingua thai non ci e' chiara ancora adesso), Gaia la utilizza, la ristoratrice le fa eco: "Sei di Taiwan?". Passiamo percio' ad indicare cio' che vogliamo mangiare, quando si puo', ovviamente.
Un giorno Gaia indica il pollo e dice: "No!", scuotendo il dito indice con veemeza, ma si trova nel piatto del manzo. Da subito, per fortuna, ci sollevano il morale i dolci thai e un caffe' ottimo bevuto in un baraccio "per soli uomini" dove la sera si raduna una piccola folla per vedere un partita di calcio (o forse un incontro di thai boxe...).
Caffe' e te', pero', sono da subito cosa difficile da reperire sia dove si mangia, sia in generale. Quando ci sono, sono in genere pieni di ghiaccio!
Il cibo riserva, pero', alle volte, delle sorprese: e' il caso delle mitiche "mele cannella": un caso di false friend. Al mercato, vediamo delle palle color pera Kaiser e Ale esclama con sicumera: "Mele cannella!" e Gaia annuisce convinta, pagandone subito una. Da il primo morso e scoppia a ridere: trattasi di spugnone di una strana pasta (tipo pan di spagna) con al centro...un wurstel!!! mai fidarsi delle apparenze.
Questo Paese e', invece, anora meglio della Malesia in fatto di stall di cibo di strada, davvero si puo' acquistare di tutto a prezzi ancor piu' bassi e la qualita' e' ottima.
Per molti km dopo la frontiera, il paesaggio e' quello di una classica zona di terziario, con molti capannoni e ditte varie, ma anche piantagioni di gomma (una di proprieta' nientepopodimenoche della Bridgestone!). Non vediamo nulla che ci faccia pensare che siamo in Oriente, a parte qualche tempio buddista. L'asfalto continua ad essere ottimo, la pioggia abbondante. Siamo sulla costa ovest, quella piu' battuta dal monsone, gia' evidentemente arrivato.

Procedendo a zig zag
Da Sadao, ci spostiamo a Songkhla, riguadagnando la costa est e il suo mare che qui si chiama Golfo di Thailandia. Il panorama subisce una variazione evidente, soprattutto rispetto alle conurbazioni, piu' dense e caotiche quelle thai; il paesaggio si arricchisce di acqua, con laghi e fiumi ricoperti di fiori di loto, ninfee, giacinti d'acqua. Le case, finalmente, hanno differenti fogge e materiali, dal legno al cemento, dalle rialzate su pali in stile malese (e del Queensland!), alle villette all'europea, alla catapecchia ma non troppo. Tutte pero' o quasi, hanno dei meravigliosi tetti di plastica colorata e finalmente abbandonano la copertura di lamiera che caratterizza anche le case piu' belle in molte parti del mondo meno sviluppato: la plastica serve a qualcosa! I colori sono bellissimi e vari e fanno molto casa e per nulla baracca.
I bisogni fisiologici piu' che quelli spirituali ci spingono a visitare il nostro primo wat, il tempio thai buddista. Le aree di servizio qui scarseggiano e ci viene indicato il tempio come luogo ideale per trovare bagni a disposizione.
Non dedichiamo alla citta' di Songkhla il tempo che meriterebbe perche' siamo alla ricerca di un nuovo copertone per la bici di Gaia. Un ragazzo in moto ci aiuta a trovare un ciclista; prima di congedarci ci fa la classica domanda: "Where are you going?" e noi, con le bici scariche e una papaia da due chili sul portapacchi rispondiamo: "A nord, a Bangkok": lui resta perplesso, ma non ribatte.

Come riconoscere un meccanico da un impostore
Il titolare di un negozio di bici ne sa qualcosa se, alla vostra richiesta di un copertone, controlla di quale avete bisogno leggendo sulla vostra ruota la dimensione (visto che la lingua non aiuta); l'impostore, si avvicina e, con sguardo un po' ebete, si accuccia e inizia a battere la vostra ruota, in genere, posteriore, con indice e pollice, come a volerla far suonare. Poi si alza e scuote la testa, commentando in thai rivolto agli altri astanti (in genere almeno tre), senza piu' rivolgervi ne' la parola, ne' lo sguardo.
Scopriamo comunque che in Thailandia reperire una gomma della nostra dimensione e' impresa ardua; troveremo qualcosa (un copertone da bici da corsa) solo da James cycles: il titolare, un cino-thai alto alto che, pur non parlando inglese, comunica benissimo con noi e ci fa vedere anche le sue foto da giovane quando vinceva le gare ciclistiche, prima su strada, poi con mountain bike.

Zigzagando (continua)
In uscita dalla citta' di Songkhla, percorriamo i due ponti in cemento piu' lunghi della Thailandia che collegano Ko Yo con la terra ferma. La strada 408 ha da una parte il mare del Golfo e dall'altra un lago di acqua salmastra che forma una laguna che si snoda per una ottantina di km alla nostra sinistra. Non vediamo pero', ne' l'uno, ne' l'altra a causa della fitta vegetazione. Dormiamo a Ranot dove finalmente possiamo andare alla scoperta del lago seguendo il corso del fiume che attraversa la cittadina. Qui il paesaggio e' proprio quello dell'oriente profondo, acqua, verde, mucche, risaie, tetti a pagoda.
E' qui che scopriamo le infinite possibilita' offerte dai mercati al coperto: e' questo il luogo dove vengono prodotte quasi tutte le delizie che si trovano poi in vendita nelle bancarelle. Ma qui si possono mangiare, direttamente dal produttore, anche i piatti piu' particolari che in giro non trovi: frittelline di jackfruit, banana, manioca, riso, verdure per tacer dei crostacei; curry, "gialli", "rossi" e "verdi" a base di ogni tipo di carne/pesce; dolci tradizionali; zucca in padella (anche qui), in pastella e dolce. La sera si mangiano anche piatti piu' classici come i noodles (spaghetti locali), di ogni foggia e materiale di base.
Siccome ficchiamo il naso culinario ovunque e vediamo un mastello di legno da cui estraggono bean curd (a noi pare)... ecco, siccome siamo cosi', prendiamo una porzione di questa cosa che e' proprio budino di soia in brodo (dolce) caldo allo zenzero: una delizia! Quando, cosi' per provare, abbiamo chiesto al gestore del baracchino se la cosa nel mastello fosse dolce o salata, lui ci ha risposto dicendoci il nome della cosa che noi, non masticando nulla di thai, non abbiamo capito: la nostra gola ci diceva di prenderla e aveva ragione!

Supereroi
Raggiungiamo la citta' di Nakhon Si Thammarat, dove sfondiamo la soglia dei mitici 10.000 km pedalati. Citta storica del sud della Thailandia, e' zeppa di templi. E' in uno di questi che, sulla porta dei bagni, troviamo affissi due cartelli: "Toiletman" e "Toiletwoman". Ci chiediamo che tipo di compiti sara' chiamato ad affrontare un supereroe di questo genere...

Zigzagando, in cerca di "er puparo"
La citta' e' una pulsante, piccola capitale del sud che, seppure abbia perso parte della sua importanza storica, conserva molte vestigia del passato, mentre il fascino e' dato dalla vitalita', ancora una volta, dei venditori di strada e delle persone che ne usufruiscono, giorno e notte. Oltre a mura e templi, molto belli e di rilevanza nazionale, l'orgoglio della citta' e' rappresentato anche dal suo Teatro delle ombre e, in particolare, dal maestro Suchart con il suo atelier dove, oltre ad insegnare l'arte della fabbricazione delle figure (fatte su pelle di mucca), ancora tiene rappresentazioni in occasioni speciali e impiega la sua notorieta' per sensibilizzare su tematiche come AIDS e malaria. Anche il re ha assitito ad una rappresentazione, spingendo l'artista ad aprire un museo che ora si puo' visitare gratuitamente. Qui si possono ammirare anche personaggi vecchi di oltre duecento anni, provenienti da India, Cina e persino Turchia.
Per strada, fuori e dentro le citta', anche qui, in molti ci salutano, ma soprattutto ci fanno dei sorrisi incredibili.
Tutto e' molto pulito e' c'e' un servizio di nettezza urbana pubblico che sembra molto efficiente.
Da Nakhon Si T. decidiamo di virare nuovamente verso ovest, potremmo arrivare a Bangkok in una settimana circa, ma come immaginate non seguiamo la "retta via" e ritorniamo sulla costa delle Andamane. Tagliamo la catena montuosa piu' alta del sud (nulla di che, pero') e facciamo una piccola deviazione al parco di Khao Luang per vedere le cascate di Namtok Karom (cascate su 19 livelli di cui solo 7 visitabili); lungo il sentiero sentiamo gli insetti che si richiamano con un suono simile ad una trombetta. L'eco non e' quello del Taman Negara, ma e' suggestivo lo stesso. .
Raggiungiamo cosi' Thung Yai, paese che ci serve solo come tappa di trasferimento, ma interessante poiche' si sviluppa anarchicamente lungo i tre crocevia che lo compongono.
A differenza della Malesia, dove i venditori di strada sono ormai quasi tutti motorizzati, qui vediamo venditori di strane scopette in bici (che cercano di venderle proprio quando le casalinghe sono fuori per accompagnare i figli a scuola...) e diamo la palma d'oro alla categoria venditori di scale. Costoro tirano la carretta nel vero senso della parola, girando con numerose scale anche molto alte che speriamo almeno siano di alluminio. La menzione speciale riguarda la fatica e la difficolta' del business (quante scale si possono mai vendere al giorno??).
Anche qui, come da noi agli ingressi delle autostrade, sono in vendita degli orribili animali (da giardino?), in gesso o forse terracotta, formato gigante o altezza ridotta. La prima categoria comprende, tra gli altri, un gallo, alto come uno struzzo, la seconda giraffe, elefanti e canguri mignon.
Arriviamo a Krabi non prima di esserci mangiati due gargantueschi pomelo su di un tavolaccio messoci a disposizione dai venditori che, impietositi dalle dimensioni del nostro coltellino da viaggio, ci prestano anche una mannaia, mostrandoci il modo perfetto per aprire, sbucciare e mangiare il fruttone.
A pochi km dall'ingresso in citta', per segnalare il nostro ritorno ad ovest, un acquazzone ci blocca proprio di fronte ad un ristorante: come non approfittarne? Il commento della cameriera al nostro girare in bici il Paese e': "Adventure!", lo stesso commento gia' utilizzato da altri due malesi: non siamo piu' fit, come per gli australiani, bensi' avventurosi...
Qui ci godiamo un po' di riposo visitando la famosa spiaggia di Railay, prima di prendere il battello alla volta di Ko Phi Phi. Vediamo se il monsone ci dara' tregua!

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