mercoledì 7 ottobre 2009

E in mezzo scorre il fiume

Siamo finalmente giunti a Nong Khai, cittadina al confine con il Laos dove il confine e' il maestoso Mekong, un fiume il cui nome pensavamo di continuare solo a leggere sulle cartine e che invece e' qui, di fronte a noi. Da una parte la Thailandia, in mezzo il fiume, dall'altra parte, visibile dalla finestra della maggior parte delle pensioni, il Laos.
Arrivare e' stato davvero un'emozione. Proprio un posto carino dove riposare, Nong Khai...ed e' qui che, infatti, ci siamo finalmente concessi un rinomato massaggio thai!
Siamo in attesa di passare il famoso Ponte dell'amicizia, uno dei tre costruiti sul Mekong, che unisce i due stati. Ma l'attesa principale non e' questa: il 15 c.m. il Comune di Milano dara' la risposta alla cooperativa in merito a quali rapporti resteranno attivi nel prossimo futuro...

C'era una volta un re...
Non ne abbiamo parlato tanto, ma il re, forse questo in particolare (Rama IX), e' l'idolo nazionale. Le sue foto e quelle della sua reale consorte, sono ovunque. Molte sono foto di gioventu' che lo vedono impegnato, come tutti i bravi re, nelle piu' disparate attivita': agricoltura, industria, educazione, cultura. Questo re e' stato promotore di molte iniziative sociali e culturali. Molte altre foto riguardano la sua esperienza come monaco: come ogni buddista che si rispetti, anche lui ha fatto il suo periodo di noviziato. In quasi tutte le foto, il re ha pero' la faccia triste, raramente sorride, mentre la moglie sfoggia sempre bellissimi sorrisi thai. Nel periodo da monaco, le foto hanno addirittura un che di inquietante: il re, in saio color zafferano, indossa sempre degli occhiali scuri che lo fanno sembrare un militare golpista. Ma sono le foto piu' recenti, quelle di un re ormai vecchio, che fanno piu' pena: appare visibilmente sofferente, forse ha una qualche malattia degenerativa, fatto sta che il paragone con la moglie e' ancora piu' stridente. I figli raramente compaiono, ma sono bruttarelli, tipo sorellastre di Cenerentola (ovviamente sara' il maschio a succedergli). La sorella e' invece un'attivissima donna dal bel volto che tutte le volte che vediamo un tg fa qualcosa da qualche parte, occupandosi soprattutto di promozione della cultura e delle tradizioni thai.
La real foto, come gia' detto ubiqua, alla quale siamo piu' affezionati e' quella che si faceva largo, in un ristorantino, sulla stessa parete tra un'immagine sacra (del Buddha), un calendario per camionisti, un poster semi porno di donna discinta e quello di una nota marca di birra.
Per noi, a causa dei suoi gusti, restera' sempre e soltanto re Carciofo!

Quel gusto western: Ayutthaya-Muak Lek
La notte piove tantissimo, partiamo che tutto e' bagnato e il cielo coperto. La strada e' tra le risaie, tra stormi di cicogne che si spaventano al nostro passaggio e volano via. Moltissime buche, canali esondati, fango. Gli auspici sono pessimi: Ratatouille spiaccicato per terra, stavolta e, a qualche metro da noi, un bel cane investito in pieno da un pick up. Per fortuna muore sul colpo. Noi per non vederlo, preferiamo attraversare la strada e procedere contromano, struzzi di sensibilita'. Il sole si affaccia tra le nuvole e nelle ore piu' calde si fa poi largo definitivamente a testate. Partiti senza crema solare, arriviamo scottati! A circa 40 km dalla meta (ma noi pensavamo ne mancassero 25), ci fermiamo ad una bancarella, una delle rarissime oggi, ad acquistare cachi (la varieta' persiana dura che si trova qui). Si ferma anche un signore, in tenuta da golf, pick up vuoto, per guardare la merce. Si rivolge a noi, in inglese, chiedendoci dove siamo diretti; rispondiamo: "Muak Lek" e lui entusiasta: "Anch'io vado a Muak Lek!". Il nostro sguardo va dai suoi occhi al pick up vuoto (grande che ci stanno bici, noi, le borse e ce n'e' d'avanzo) ed esclamiamo: "Ahh!". Lui sorride, non acquista niente, ci augura buon viaggio e tentennante riparte. O golfista, tu che ti muovi sul green in trattorino, tu che sai che mancano 40 km a Muak Lek e che la strada e' un inferno, con cementifici e camion che si susseguono, tu che sai che ci sono piu' di 6 km di salita giusto prima di Muak Lek. O golfista col pick up vuoto perche' ci dici che anche tu vai a Muak Lek se non ci offri un passaggio?
Infatti, dopo la pausa pranzo il paesaggio cambia drasticamente, si vedono le montagne e sulla nostra sinistra, dalla parte dove pedaliamo, iniziano a comparire dei mostri altissimi: siamo arrivati ad una zona superindustriale e non un'industria qualsiasi, ma il complesso fantozziano megagalattico dei cementifici Siam City cement pubblic co. Simbolo, che sembra uscito da un fumetto di Batman, come il nome, e' una testa d'aquila antipatica, pronta probabilmente a gettarsi su qualsiasi cosa sia cementificabile, in terra thai e non solo...c'e' anche uno svincolo assurdo, targato Siam City e anche una diga, poco oltre: chissa' chi c'e' dietro. Pedaliamo gli ultimi km in salita incolonnati tra camion stracarichi che procedono lenti quanto noi, a volte anche meno, visto che li superiamo. La citta' dove finiamo e', chissa' perche', sede di un annuale Country Festival. Vediamo anche due spaesanti steak house e un villaggio finto vecchio West con tanto di tepee indiano. Pure l'hotel in cui finiamo, sull'autostrada, e' in stile old, wild West: anzi, e' una vera topaia western! In questo pezzo di paesaggio, ci chiediamo cosa ci faccia un'impresa Danish-Thai di mucche da latte!

Vita da cani: Muak Lek-Sung Noen
La salita non e' ancora finita, la mattina, Ale stacca Gaia e arriva in cima. Quasi in cima, passa accanto a un pit bull che sbadiglia e si accuccia. La prassi di aspettare Gaia in caso ci siano cani, viene percio' accantonata. Gaia riconosce, controsole, la sagoma del pitbull, ma anche a lei pare tranquillo e prosegue lentamente, spostandosi solo un po' piu' a destra. Quasi passata il cane, la bestia si alza e fa scattare la poderosa mascella, mancando la gamba di Gaia (scientemente?) che lei comunque alza immantinente. I secondi che seguono sono convulsi, Gaia urla, scende dalla bici e una donna arriva in motorino e richiama l'animale che pero' ha gia' morso la cinghia della sacca. Gaia piange dallo spavento e da allora gira con un buco di dente di pitbull sulla sua borsa. Ale da lontano non si accorge di nulla, ma la vede arrivare spingendo la bici.
Come gia' accennato, sulla strada i cani, abbandonati, selvatici o solo nullafacenti che ci abbaiano e ricorrono, sono tanti. La situazione dei cani in Thailandia e' brutta e si capisce che abbiano da ridire, povere bestie: malati di cimurro, filariosi, rogna o magrissimi per la fame, fanno spesso pena. Ma quasi sempre trovano la forza quantomeno di abbaiarci contro. La situazione degli animali e' specchio di quella degli umani: esseri liberi, di per se' non e' positivo. Non avere la catena non produce di per se' benessere. Alla liberta' di (muoversi, comunicare, fare) deve sempre essere accompagnata la liberta' da (dalla fame, dalle malattie, dalla paura). Cosi' per gli esseri umani, cosi' per le bestie. Altrimenti non si danno esseri, umani e non, felici.
Ci riprendiamo dallo spavento con dei buonissimi pomeli scelti con cura da una simpatica coppia di venditori di strada, che ci fanno spazio all'ombra della loro baracchina.
Il paesaggio prosegue, con tratti magnifici di collina, un lago artificiale lunghissimo punteggiato di ristorantini con vista e il misterioso Buddha park (un parco a tema?). Forse lo sbeffeggiare gli idoli locali ci procura una foratura nei pressi di una zona di bancarelle delle statuette in gesso et simili piu' disparate. Due per tutte: galli e buddha. Siamo costretti ad usare una di queste come appoggio per cambiare la camera d'aria.
La particolarita' dell'hotel di oggi non e' certo quella di essere sull'autostrada, bensi' il suo bagno. Annesso al balconcino e non direttamente accessibile dalla stanza, e' opera di un architetto pazzo: molto piccolo, ha la doccia di fronte alla porta e il wc e il lavandino completamenti attaccati, a destra dell'ingresso, in modo che il lavandino sia rivolto verso il wc e risulti pertanto inutilizzabile. Per scherno, c'e' anche lo specchio sopra il lavandino, ma l'unico modo per potercisi vedere e' salire sul wc!
La giornata si chiude com'era iniziata: questa volta e' il branco di oche dell'hotel, a sferrare un attacco ai due ciclisti, al loro rientro. Va detto peraltro che le povere bestie hanno come sempre le loro ragioni: il ristorante dove mangiamo ha tra le specialita' oca e anatra e lo si capisce perche' sull'insegna campeggia, insieme ad un'oca...Paolino Paperino!!!!

Monsoon wetting: Sung Noen-Phimai
(No, non e' un errore di scrittura: il titolo vuole essere un omaggio al matrimonio di Viviana da poco celebrato, ma anche ricordare l'acqua che abbiamo preso in questi giorni).
Questa mattina, Gaia non indossa nemmeno le calze: piove gia' cosi' tanto alla partenza che decide che e' inutile. Alla pioggia sottile si alterna pioggia fitta, e' la coda del tifone che si sta abbattendo, scopriamo poi, nel sud della Thailandia, Suratthani in particolare.
Quando piove cosi' tanto, e' buona cosa avere una meta, un posto dove sai che troverai da dormire. Il viaggio si perde. Non c'e' paesaggio, solo i campi di riso e il loro verde e qualche trampoliere che si stringe tra le piume e qualche altro che pesca e il grigio del cielo. Vai solo dritto alla meta, che arrivare e' gia' qualcosa.
Phimai e' proprio come ce l'aspettavamo, il suo tempio khmer (modello per i templi di Angkor) meraviglioso, il museo (che ricostruisce la storia dell'Isan dall'eta' del bronzo) ben fatto e interessante. La citta' e' posta, come piaceva agli antichi, all'incrocio di tre fiumi il Moon, affluente del Mekong, il Khem e il Chakorat, su di un'isola da essi formata. Visitiamo anche il suo famoso fico di Giava (baniano), vecchio di oltre 350 anni, il piu' grande della Thailandia che ha formato una vera foresta (anche qui, foto del re!) sull'acqua.

Phimai-Ban Phai. Motel Agip.
Alcuni di voi ricorderanno forse la stagione dei motel Agip: in genere ecomostri, si ergevano tronfi nei posti piu' impensabili della rete autostradale italiana. Brutti, costavano in compenso tantissimo. Qui, invece, lungo l'autostrada troviamo spesso hotel migliori di quelli in citta' e a prezzi abbordabili. Alla tristezza del fermarsi nel nulla, fa da contraltare in questo caso, la qualita' dell'offerta. In questo bell'hotel/motel/bungalow in particolare decidiamo anche di cenare sotto il suo berceau, circondati dai bambini dei proprietari che dopo i primi timidi approcci, cercano di comunicare con noi con il poco inglese che pero' gia' conoscono a 9 anni.
Oggi, davanti ai nostri occhi, sulla strada vediamo scorrere: granchietti di acqua dolce che escono dalle risaie (quindi il fantomatico gatto pescatore...); camioncino/taxi collettivo che trasporta, oltre ai normali passeggeri, un motorino con il motociclista in sella; aquiloni coloratissimi con faccina di pipistrello o panda i piu' belli, a forma di aereo e colore mimetico quelli da boicottare; salsicce di ogni forma e dimensione, per lo piu' collane di salsicce, specialita' dell'Isan.

Poker di polli: Ban Phai-Khon Kaen
Cerchiamo l'hotel di legno segnalato dalla guida, sperando di ritrovare un po' di heritage smarrito a Hua Hin. Invece, troviamo solo la topaia. Gaia chiede ad Ale di entrare a vedere la stanza, perche' non e' convintissima. Finiamo col prendere la peggiore, che non solo non e' di legno, ma e' veramente schifosa. Pero' ormai siamo li', siamo stanchi e soprattutto costa veramente poco. Come sempre, per una notte, va bene tutto.
Khon Kaen ha un bellissimo e ricco mercato diurno, mentre quello notturno e' deludente. Mangiamo in un ottimo ristorante vegetariano, zeppo di locals. Ogni tanto la guida anziche' farci incazzare, ci da qualche dritta giusta! Anche la cooperativa di donne che vende stoffe e' il luogo perfetto per fare acquisti e dove i soldi vanno direttamente nelle mani di chi produce.
Lungo la strada, oggi, moltissime bancarelle propongono la specialita' locale per antonomasia: il pollo grigliato servito su degli spiedi. Data l'elevata competizione, alcuni venditori propongono superofferte come quella di uno di loro che, in piedi sul ciglio dell'autostrada, sbandiera quattro spiedi con altrettanti polli infilzati sopra, reggendoli a mo' di poker di carte, proteso verso le macchine che sfrecciano.
Gaia ha mal di testa, Ale e' isterico e insopportabile, come sempre: insomma, formiamo proprio un'irresistibile coppia.

Khon Kaen-incrocio strada 2023
Il posto dove ci fermiamo oggi e' uno di quegli agglomerati che sorgono spesso qui in prossimita' degli incroci tra strade ed autostrada e non sappiamo nemmeno se abbia un nome. Non volendo dormire ad Udon Thani, decidiamo di fermarci in un hotel che ci pare carino, in mezzo al nulla, ma tra le risaie. Il paesaggio e' da Oltrepo' pavese misto a canna da zucchero e con tantissime bufale, che finalmente vediamo immerse nell'acqua coi loro piccoli, alcune anche chiare che paiono albine. Con il sole, rivediamo le farfalle, nere e gialle, enormi, o nere con la coda a goccia e i puntini giallorossi, bellissime.
La serata e' caratterizzata dal primo plenilunio di ottobre e percio' anche da grandi festeggiamenti, con scoppio di mortaretti e piccoli fuochi d'artificio fino a notte inoltrata. La luna sembra gradire le offerte e stasera non solo e' ben visibile, ma anche incredibilmente rossa.

Incrocio-Nong Khai: great balls of fire
Buttata fuori dalla porta, Udon Thani rientra dalla finestra: attraversarla ci porta via un sacco di tempo e ci costa anche una litigata (oggetto: banane grigliate e acqua). La citta' sembra molto ricca ed e' caratterizzata dalla forte presenza di militari ed, in comune con Bangkok, ha il cattivo sapore dell'acqua e l'elevato numero di donne per uomini soli...
Incontriamo, alle porte di Nong Khai, un altro caso di false friend: le bancarelle vendono noci di cocco rapate che sembrano passate alla brace. Per Gaia, c'e' dentro del riso cotto...insomma, li si deve provare! Trattasi di semplici noci di cocco ben pulite messe sotto ghiaccio per essere servite fredde. Berne il latte buonissimo in una giornata cosi' calda come questa e' veramente una goduria, false friend o meno! Anche la polpa, che mangiamo all'arrivo, meritava d'esser tenuta!
Arrivati in citta' scopriamo che e' in corso il festival (che credevamo essere alla fine di ottobre) detto delle palle di fuoco del Mekong. Il festival ha a che fare anche con uno strano fenomeno, non si sa se naturale o artificiale: l'emersione dalle acque del fiume, una sola volta l'anno, di luci che la fantasia popolare vuole essere il fuoco sputato dal dragone che ne abita le acque.
Temiamo di non trovare posto da dormire, ma per fortuna e' lunedi' e il grosso dei turisti thai se ne e' andato. Veniamo sopraffatti dalla vista del fiume che domina la cittadina che vediamo anche dal tranquillo hotel che scegliamo. La sera, camminiamo lungo fiume, c'e' una passeggiata meravigliosa e circa a meta' inizia la festa: bancarelle di cibo, di birra e cose thai, buddiste o pagane. Le piu' belle sono degli enormi cilindri di carta di riso, aperti sotto che, grazie al piccolo fuoco acceso sotto, come le carte delle arance a Natale, si innalzano e volano per centinaia di metri nel cielo, illuminandolo. Non sappiamo che significato abbiano, ma quelli in alto si aggiungono al firmamento e con la luna piena l'effetto e' proprio scenografico. Poi ci sono, sul fiume, giganteschi fiori di loto illuminati galleggianti e una barca con le lucine a formare un dragone. L'unico neo e' che anche qui vengono sfruttati elefantini, portati in giro per avere i soldi dei turisti. Il giorno dopo vediamo la regata sul Mekong che chiude in qualche modo il festival: grandi imbarcazioni con piu' di venti vogatori con l'uniforme dai colori fluo si danno battaglia sul Mekong.
Visitiamo poi un parco (il Salakaewkoo), che ricorda per visionarieta' quello dei mostri di Bomarzo: qui ci sono statue di oltre 20 metri di altezza raffiguranti scene di vita del Buddha e idoli di varie religioni. Il tutto nello stile molto personale di un artista-santone fuggito dal Laos all'inizio della dittatura.
Gaia riesce anche a ricomprarsi le ciabattine rubatele al tempio!
A risentirci dal Laos, se va tutto bene.

Nessun commento:

Posta un commento