mercoledì 12 agosto 2009

Nella jungla malese

Ehi, c'e' nessuno??? speriamo che la maggior parte di voi si stia godendo il meritato riposo!
Per quanto ci riguarda, scriviamo da Gua Musang, Malesia del nord, ridente cittadina che almeno ha due internet point!! con ventilatore!! Siamo di ritorno dal parco nazionale e da qualche giorno di completo isolamento e vero trekking in stile viet cong!

Abbandonato cugino It a Georgetown
Dopo l'Indonesia, Gaia ha deciso di liberarsi della folta e lunga di 20 anni capigliatura: quale miglior posto se non un parrucchiere, gestito da una bella signora cinese, di Penang? E' stato strano vederli per terra, ormai privi di vita, un mucchio davvero impressionante. Ora Gaia sfoggia un taglio piu' consono alla sua eta', ma non vede l'ora di vederli ricrescere (fanno compagnia, specie d'inverno!).
Approfittiamo di tutti i servizi che questa meravigliosa citta' offre per riposare, mangiare a quattro palmenti nei superlativi ristorantini dell'isola, farci rifare le sacche porta-bici da un artigiano della gomma locale (sempre cinese) e acquistare (Ale) un nuovo travestimento da ciclista. Anche il contachilometri (rottosi gia' in Australia) di Ale viene sostituito, cosi' come vengono riparate le vetuste scarpe da Superpippo, sempre di Ale (qui il suo numero e' di difficile reperimento...). Gaia si decide finalmente per l'acquisto di guantini da ciclista che con il clima tropicale estivo servono per non scivolare; anche lei ora avra' le mani bianche (e cosi' ora siamo davvero a striscie...). Restano da trovare delle nuove borse da bici (quelle di Gaia hanno davvero dato!) e nuovi copertoni (Gaia), qui solo per mountain bike.

Conosciamo un interessante signore malese che per scelta gestisce un baracchino sulla strada dove vende bellissimi bigliettini, dipinti da lui a mano, con gatti che fanno yoga; lui infatti e' uno yogi che insegna anche tai chi e ji cong (lo chiamano anche all'estero), ma ama stare on the road e "vedere gente".
Per avere un'anticipazione su cio' che sara', acquistiamo una specialita' thai, sticky rice al cocco con mango fresco: una delizia!
Lasciamo a fatica questa citta', la strada ci chiama.

Verso le Cameron highland, mangiando dokong
Prendiamo il traghetto, questo certificato ISO 9001, che dall'isola porta gratis (!!!) sulla terraferma e ci dirigiamo verso Taiping, cittadina cinese ai piedi delle montagne. Sulla strada siamo travolti da un mega temporalone con raffiche di vento, mentre ci godiamo, in estasi, i meravigliosi dokong, piccoli frutti di cui forse gia' abbiamo riferito, ma che vogliamo specialmente menzionare: sono buonissimi e superdissetanti. Ripariamo sotto una tettoia di ristorante, dove tutti spostano le moto per farci spazio, gentili come al solito. Dei malesi uno scrittore ha detto che sono i piu' gentili tra gli asiatici, e forse e' vero... poi fradici, riprendiamo a pedalare: per fortuna fa caldo e ci si asciuga abbastanza in fretta.

Il primo hotel selezionato da Ale e' repentinamente scartato da Gaia (che, ricordiamo, e' l'addetta all'ispezione) con la frase: "Non ci lascerei neppure una valigia per paura di non trovarla quando torno in stanza". Passiamo la notte nella classica "topaia sicura" che pero' solleva il seguente interrogativo: come mai il geko della stanza transita tranquillo sul letto anziche', come sempre, sui muri?. Mangiamo, in un ristorante dove tutto e' scritto solo in ideogrammi cinesi, la specialita' chiamata poh, buonissimi panini, dolci o salati, cotti al vapore, digeribilissimi perche' di farina di riso. E' quel genere di locale dove o ti prendono in simpatia o chiamano la mafia per farti fuori; la proprietaria sembra voler fare la seconda cosa, ma quando andiamo via, tutti ci sorridono, lei compresa.
Da qui, proseguiamo verso Ipoh, sempre zona a maggioranza cino-malese, pedalando in un paesaggio che, del pari, ricorda certa iconografia mandarina.
Sulla strada, ci fermiamo nel solito baracchino di frutta dove, come sempre, acquistiamo e consumiamo, in loco, tra i due e i tre kili di fibra; qui, papaya, pulasan e dokong. Quando stiamo per andarcene, la fruttivendola, consultatasi con il marito, ci offre un durian; le facciamo capire che ci e' impossibile trasportarlo; allora lei prende un casco (!) di banane (almeno un chilo e mezzo), ce lo imbusta e, non ci sono santi, ce lo regala!

Ad Ipoh, telefoniamo, come d'accordo, alla coppia (lui cino-malese, lei indonesiana di Giava) incontrata sul traghetto di ritorno da Sumatra, Rina e Fong. Ci hanno invitati a casa loro, ma decidiamo di dormire nel solito hotel imbarazzante e di passare il solo pomeriggio con loro. In realta', loro ci aspettavano trepidanti e avevano gia' preparato la stanza per noi e un posto per le bici! Ci portano in giro per la citta' e anche fuori, insistendo per pagare tutto cio' che consumiamo, frutta compresa! Fong dice che e' cosi' che i cinesi trattano i loro ospiti! Vivono da qualche anno more uxorio (in segreto) e l'anno prossimo si sposeranno. Sono davvero simpatici e accoglienti. Rimangiamo con loro il durian, questa volta scelto da Fong, vero esperto in materia, che si rivela molto meglio di quello mangiato 7 anni fa. Non e' il nostro frutto preferito, comunque, ma almeno si lascia mangiare...se doveste provarlo anche voi, assicuratevi che abbia una forma allungata, le spine della buccia accuminate, un odore non troppo forte e che non sia troppo grande; la polpa deve essere color latte/crema (e non bianca). Mangiamo anche il famoso frutto di Ipoh, il pomelo (una sorta di pompelmo grosso quanto un pallone da calcio), sia dolce che aspro, davvero buono.
Fong ci racconta di mangiare spesso come un lupo (6/8 piatti di riso col pollo), a causa di un'infanzia di stenti e che persino la sua mamma, quando lo vede mangiare cosi' tanto, si spaventa e lo implora di smettere! Questa mamma cinese viene in visita dal Quandong almeno tre volte l'anno, facendosi 10 ore di viaggio!
Lasciamo il nostro indirizzo e speriamo di poter contraccambiare un giorno con la tipica ospitalita' italiana!

Quanta salita!
La strada prosegue per pochi kilometri in piano, per poi inerpicarsi fino ai 2000 metri in circa 50 km. Il panorama e' stupendo, nonostante le nuvole basse non facciano risaltare i colri e impediscano di vedere le cime delle montagne, dove peraltro saremo anche noi non molto tempo dopo. Risuonano i versi delle scimmie (diversi da quelli fin'ora uditi), il rumore del becco degli hornbill e il richiamo di altri uccelli e veniamo inondati dal rosa e viola di tantissime orchidee selvatiche e dal batter d'ali di tantissime farfalle (in particolare le kupu kupu ovvero Rajah Brooke o troides brookiana) colore verde-turchese e dalla forma allungata o a goccia. Diversamente dalle montagne indonesiane, dove non sembrava esserci alcuna forma di vita, qui si fatica immersi in un mare di colori e suoni animali e vegetali. In mezzo a tanta bellezza, ogni tanto purtroppo ci sono cave o serre che sventrano queste fresche e bellissime montagne di arenaria e ad un certo punto anche una discarica! In cima alla vetta piu' alta, dopo molti km di nulla, vi e' solo una grossa bancarella che, nella desolazione di una cava, vende solo giocattoli!
Per fortuna abbiamo le nostre provviste, che vengono consumate tutte, insieme all'acqua, poco prima che il solito acquazzone si abbatta inesorabilmente su tutto e tutti. Qui fa anche freddo, accidenti.

Scendiamo tra le serre (soprattutto di fragole, infatti acquistiamo dei biscotti alla fragola e della marmellata degli empori annessi) a gestione cinese e ci fermiamo a Kampung Raja, dove a fatica troviamo un albergo che pero' e' davvero bello (e caro! ben 18 euro che qui sono una fortuna). Ci sono persino l'acqua calda e la cucina a disposizione che utilizziamo, visto che tutti i ristoranti li' vicini sono chiusi, forse perche' qui la sera non ci sono avventori a sufficienza. Il paesino turistico e' infatti 10 km piu' a valle nella direzione per noi sbagliata.

Ripartiamo per raggiungere Gua Musang, ma purtroppo le salite non sono ancora finite e dopo un'iniziale mega discesa di 20 km circa, saliamo e scendiamo ancora per i restanti 80. Tra le montagne di qui, non c'e' nulla, neppure i venditori di piante e germogli di bambu' della tappa precedente o le usuali bancarelle. Le strade, pero', che qui non sono "autostrade" dai nomi improbabili lo sembrano veramente!
Verso ora di pranzo, finalmente, il miraggio: un locale per mangiare e comprare acqua!
Non c'e' nessuno, anche se fuori c'e' un motorino acceso. Dopo ripetuti richiami, compare il proprietario, con solo una salvietta intorno alla vita, bagnato! Rivestitosi, ci serve e ristora.
A 7 km dall'arrivo, Gaia fora la gomma davanti, a causa del copertone troppo usurato; Ale e' costretto a cambiare anche quello. Pochi metri e psss la gomma e' di nuovo a terra! La tappa sembra non aver fine! Ale ricambia la camera d'aria e finalmente arriviamo! L'hotel e' anche dignitoso.
Sono due giorni di "lacrime e sangue", ma alla fine superiamo la catena montuosa piu' alta della Malesia peninsulare!

Sanguisughe, ruggiti e motorini
Raggiungiamo il Taman Negara, il parco nazionale, carichi di aspettative. Abbiamo deciso di entrare dall'ingresso di Sungai Relau, anziche' dal piu' turistico ingresso di Kuala Tahan (Jerantut), per evitare le folle che sembrano prenderlo d'assalto Questo pero' significa essere isolati (il paese piu' vicino e' a 7 km di salita senza mezzi pubblici di collegamento) e non poter disporre di tutti i ristoranti e negozi dell'ingresso sud.
E' domenica e l'ufficio del parco e' chiuso. Siamo costretti a bussare ad una delle abitazioni dei membri dello staff. Dopo un sommario controllo, ci dicono che nessuna stanza e' disponibile e ci offrono la camerata dell'ostello; ovviamente accettiamo. Per dare un'idea, descriviamo i soli materassi: sporchi, quasi tutti pieni di muffa e con sospette macchie di sangue. Gaia e' schifata, Ale piu' pragmaticamente, si sceglia il meno peggio. Non c'e' nulla, neppure l'acqua potabile o una cucina per autogestirsi e siamo costretti a tornare indietro in paese per comprare qualche provvista "secca". Per fortuna, lungo la strada numerosi alberi da frutta si offrono ai poveri viandanti! Peccato che i buonissimi rambutan gialli si rivelino una trappola per mr.Tuffy-raccoglitore: voracissime formiche rosse!
La sera, al campo-base, siamo solo noi e le scimmie: nonostante i turisti malesi siano ripartiti tutti, nessuna stanza, causa assenza di personale il sabato e la domenica, viene rifatta!
Alle 21 facciamo la nostra prima attivita' decisa al momento del check-in: safari notturno in fuoristrada. Per cercare di vedere il maggior numero di animali, la visita avviene tutta nella confinante piantagione di palma da olio anziche', come pensavamo, all'interno del parco. Causa pioggia, vedremo pero' solo cinghiali locali, una civetta malese (felino locale), un leopard cat, un gufo e due cani selvatici, tipo dingo. Siamo noi, la jeep e ben tre accompagnatori malesi che non parlano inglese.

Il giorno dopo, facciamo invece il trekking che ci porta a Gua Gaja, la grotta degli elefanti; la guida e' un ragazzetto con il cerchietto che hanno certi calciatori e che non parla una parola di inglese, ma in compenso scatarra per tutto il tempo; pero' almeno sa il fatto suo nella jungla. Il trekking e' veramente impegnativo, ma si arriva ad un massiccio di arenaria con all'interno grotte dove gli elefanti si ritrovano spesso (le loro caccone sono li' a testimoniarlo). Visitiamo anche la grotta, buia, sottostante piena di pipistrelli che, illuminati, volano all'impazzata. Con noi anche un misterioso "secondo" gentile che ci aspetta quando, al ritorno, la nostra guida decide di staccarci e volare verso la strada asfaltata, incurante di cio' che ci puo' capitare.
Sia all'andata che al ritorno, camminaimo nella jungla fitta e fangosa e veniamo presi d'assalto, soprattutto Ale (che se ne ritrova una anche sulla pancia!), dalle numerose sanguisughe che qui trovano il loro habitat ideale. Il brutto e' che, una volta tolte, le ferite continuano a sanguinare per molti minuti (ecco spiegate le macchie sui materassi!!).
Decidiamo, poi, di passare la notte in un capanno di avvistamento che si trova in prossimita' di depositi di salgemma che attraggono gli animali, sempre nel fitto della jungla. Vengono a prenderci ancora in tre (probabilmente qui funziona come per i nostri carabinieri!), ma solo un ragazzo restera' con noi, come da regolamento. Non avvistiamo nessun animale (piove ancora verso le 21.30), ma i suoni e l'esperienza di dormire nella foresta malese sono davvero incredibili e imperdibili, anche se ovviamente il capanno e' ancora piu' spartano del dormitorio. Per arrivarci, altre sanguisughe ci si attaccano!

Gaia ha paura anche solo a scendere al piano inferiore, dove ci sono le toilet! Udiamo suoni indecifrabili che ci ricordano ora un citofono dai decibel insostenibili, ora un'acuta tromba da stadio, ora una sirena, ora un antifurto per auto: sono tutti animali che si svegliano al calar delle tenebre. Nel buio completo, consumiamo il nostro umile pasto puntando ogni tanto la torcia per vedere se qualche animale si fa vivo. La mattina, il concerto viene aperto dalle scimmie, i gibboni e altri tipi di primate che qui vivono.
Qualche ora dopo, eccoci di nuovo nella jungla: vogliamo fare un sentiero che pare semplice ed e' dotato di cartelli esplicativi. Dopo pochi passi (e' ancora presto), tutti i rumori cessano ed entrambi trasaliamo: udiamo quiello che sembra in tutto e per tutto un ruggito! Gaia, con l'espressione di Stanlio quando ha paura, gira i tacchi e dice: "Me ne vado", Ale ribatte: "Dammi la macchina fotografica!" sparendo nella jungla! Pero' poco dopo tutto pare tornare normale e i suoni della foresta riprendono... in questa zona vengono avvistate il maggior numero di tigri e ci chiediamo se ne abbiamo sentita una... il brivido lungo la schiena e' stato pari all'eco del ruggito. Il Taman Negara sembra essere il tratto di foresta originale piu' antica del mondo (ca. 130 milioni di anni), piu' antica anche di quella africana e amazzonica; questo grazie al fatto che le glaciazioni non l'hanno toccata ed all'assenza di eruzioni vulcaniche. Questo fa si che vi siano alberi ed anche insetti di dimensioni gigantesche, come nella preistoria dell'essere umano. Vediamo una formica grande quanto una rana vista in Australia! Anche durante questa "passeggiata", che si rivela un trekking, siamo attaccati dalle sanguisughe.
L'attrazione principale di questa parte del parco sembra pero' essere un particolare tipo di pesce, il Tor Tombroides, Kelah in lingua locale, dalle scaglie che lo fanno sembrare di bronzo; puo' raggiungere i 30 kg di peso ed e' in via di estinzione. Quelli che vediamo noi sono pero' molto piu' piccoli.
La vera attrattiva della sede del parco sono per noi, invece, i membri dello staff che incessantemente, per qualsiasi ragione, inforcano i loro motorini anche solo per fare 50 metri e, a turno, vengono a farci domande o a vedere cosa stiamo facendo sui divanetti che dovrebbero essere solo una sala d'attesa, ma che per quanto ci riguarda, unici turisti durante la settimana, diventano soggiorno e sala da pranzo!
Oggi ritorniamo nel consesso civile, a Gua Musang; lasciamo il Taman Negara con varie cicatrici di sanguisuga, salutati da cinghiali che ci attraversano la strada facendoci spaventare.
Gatti, antichi come il Siam, ci guardano sornioni dai baracchini di frutta ancora chiusi.
Ora la nostra destinazione e' la costa est.

Ancora sull'Indonesia
Ma davvero non abbiamo menzionato il meraviglioso gattino che a Bukit Lawang veniva ronzando a cercar coccole e che una volta ha cercato di sottrarre il pollo a mr. Tuffy??? Beh, era proprio carino e giocava a rimpiattino con il pet-coniglio bianco nel giardino: che balzi, il coniglio, che belli gli animali diversi che giocano tra loro!
Ma davvero non abbiamo menzionato i meravigliosi satay (spiedini) Padang che Ale si mangiava comprandoli dalle bancarelle di strada di Berastagi? Beh, erano davvero buoni, serviti con una salsa piccante al cocco e curry e manioca.
Ma davvero non abbiamo menzionato, i due cicloturisti incrociati lungo la strada, che avevano i surf sul carrellino posteriore? Beh, ci siamo appena visti salutati e siamo stati subito inghiottiti dal traffico locale e dalla polvere. Avevano il nostro stesso sguardo, un misto di fatica e di chi si sta chiedendo: "Che ci faccio io qui?"
E non abbiamo detto del caffe' indonesiano e di quanto e' buono e fatto come usa in Turchia e nei Balcani, con la spessa palta di residuo che deve depositarsi sul fondo prima di poter essere bevuto? Ci manca gia'!
O riferito del proprietario dell'hotel di Medan che e' nato e cresciuto nella jungla del Borneo e che portava i capelli lunghi fino alle natiche perche' c'erano troppe cose da fare per poterli tagliare? E' stato bello passare la serata a chiacchierare dei rispettivi usi e costumi.
O del lancio della pattumiera o di qualsiasi altro oggetto, borse del vomito incluse, dai finestrini dei bus? Niente, per fortuna, ci ha mai raggiunto.
O dei serpenti che ci hanno attraversato la strada? Ad Ale, uno e' passato tra la ruota anteriore e quella posteriore; per fortuna il serpente, come insegnano le antiche scritture, e' un animale intelligente ed e' riuscito a passare incolume e senza arrotolarsi tra i raggi. Ale si e' limitato ad alzare le gambe, per istinto di sopravvivenza; la cosa si e' chiusa con una scarica di adrenalina. Lo stesso tipo di serpente, lungo piu' di un metro e verde prato, dall'andatura veloce e zigzagante, ha tagliato la strada anche a Gaia che lo ha pero' ammirato da una distanza di sicurezza.

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