martedì 10 novembre 2009

Scampoli di Laos

Il titolo rende anche omaggio alle artigiane della seta e del cotone della PDR Lao, che abbiamo lasciato per fare ritorno in Thailandia per il nostro giro a chiocciola che ci riportera' infine a Bangkok.
I delfini dell'Irrawedy cosi' come le cascate sul Mekong restano un miraggio e una meta per un prossimo, forse, viaggio, causa mancanza di tempo (il visto scadeva!).
Le informazioni raccolte rispetto alle strade cambogiane ci sconsigliavano di entrare dal Laos, soprattutto con le nostre bici non MTB.
Le dispute di attribuzione tra Thailandia e Cambogia ci impediscono anche di visitare il mitico Preah Vihear, chiuso dalla parte thai e irrangiungibile, di fatto, da quella cambogiana. Sembra che il governo thai abbia addirittura ritirato le proprie rappresentanze diplomatiche dallo Stato vicino e consigli ai propri cittadini di rientrare. Forse c'e' di mezzo lo zampino dell'ex premier Taksin...
Siamo ad Ubon Ratchathani, una citta' in piena espansione dove ritroviamo le cose che ci mancavano: i dolcetti di strada e il mercato della sera dove cenare bene e a poco prezzo. Inoltre, possiamo fare rifornimento di pezzi di ricambio (Gaia ha rotto un pezzo del freno e Ale la pedaliera e un copertone, pure lui). Mr. Tuffy ha di nuovo un sellino degno di questo nome, i testicoli ringraziano.
Ieri abbiamo fatto conoscenza del sig. Michele, un simpatico pugliese in pensione che fa il volontario per la ONG Reability che si occupa di aiutare la popolazione Karen in Birmania (clandestinamente) e in Thailandia. Ci siamo divertiti ad ascoltare la sua esperienza di farang immigrato in terra thai.

Khai Pii o la transustanziazione
Da Savannakhet, nonostante il raffreddore di Ale e la durezza del suo pseudo sellino, riprendiamo la R13 dopo aver raggiunto un paese chiamato Ban Lak 13 (villaggio km 13, tanti sono i paesi chiamati con il numero del km stradale, che fantasia questi comunisti!).
E' un mercato-paese davvero interessante, pieno di prodotti che spesso non si trovano nemmeno nelle citta'. I 200 km che ci porteranno a Pakse sono nel nulla, ma un nulla, come quello australiano, solo ai nostri occhi occidentali. In realta' ci sono tanti villaggi con case tipo queenslander, su pilastri, ben rialzate da terra per difendersi dalle inondazioni. Altre case sono in stile europeo-sfarzoso-arabeggiante-cinese. Non vediamo la miseria delle montagne del nord. Molte delle case piu' belle, pero', sono vuote forse perche' i proprietari sono emigrati...
Tanta campagna, risaie, alberi, fiumi, fascine e cumuli di paglia su cui i bimbi si tuffano dal balcone della loro casa; tutto e' ben tenuto, ordinato, insomma c'e' un po' di campagna francese, oltre alla baguette.
Ci fermiamo sul ponte di un imponente fiume per una foto, ma veniamo raggiunti da un soldato sedicenne con il mitra portato sulla spalla come fosse il bastone che regge un fagotto. E', ci pare, chiaro segno di non belligeranza, sembra volerci dire che non lo userebbe mai (dai ai nostri sedicenni un fucile e ti diventano dei bulli...). Ci fa capire che non possiamo fermarci sul ponte a far foto perche', forse, presidio militare "strategico".
Facciamo tappa a Phouangsavan dove troviamo l'unico posto dove dormire su 130 km, il bagno non ha il lavandino, il water non ha lo sciacquone, ma va bene. E' pieno di "ristorantini" la cui specialita' sono le khai pii, di cui vi andiamo a dare la ricetta: prendete delle uova crude, degli spiedini di legno, bucate con un coltellaccio top e bottom delle uove e versate il contenuto in un recipiente, conservando i gusci intatti. Sbattete bene a mo' di frittata le uova con un po' di pepe e erbe fini, quindi riversate con pazienza il contenuto miscelato nei gusci, mantenendoli inseguito orizzontali e infilzateli nello spiedo (qui tre uova per spiedo). Fate cuocere le uova al vapore (qui usano gli stessi recipienti dei panini cinesi) fino a che diventano sode e non per immersione perche' altrimenti il contenuto uscirebbe dalle uova. La "transustanziazione" e' avvenuta: le uova, rassodate vengono servite con del riso glutinoso e la loro particolarita' e' che non c'e' piu' distinzione tra rosso e bianco, un po' come in politica... Very good!!!
Il giorno dopo raggiungiamo Pakse, non prima di aver visto alcuni dei danni prodotti dalle alluvioni del mese scorso, piccoli canyon creati dall'acqua, alberi sradicati, fiori di loto cresciuti troppo alti rispetto a quel che rimane ora dell'acqua negli stagni.
L'aria e sempre tersa, il cielo di un azzurro incredibile, stelle e luna come non ne vedevamo da tempo. Di notte fa fresco e riusciamo finalmente a dormire senza ventilatore! Le farfalle lasciano il posto ad uccelli variopinti e i serpenti escono dopo le grandi piogge.
Anche i maiali, oltre alle altre bestie, occupano placidi la carreggiata.
Pranziamo in un "ristorante" con la solita zuppa (che tu la voglia o no, quella c'e'!) dove scorazzano galline e pulcinotti tutti bianchi che con le anatre si abbeverano in un secchio vicino alla cucina. Il gallo vola tra le padelle a controllare gli avanzi... forse della famiglia!

Transitare
Lasciamo subito Pakse per raggiungere Chempasak dove ci aspetta un altro sito patrimonio UNESCO, il sito archeologico piu' importante del Lao (senza la s), Wat Phu.
La traversata del Mekong avviene su una via di mezzo tra una chiatta e un ponte levatoio... molto pittoresco, ma ti chiedi per quanto resitera'! La chiatta imbarca un camion cisterna e dei sawng theaw stracarichi di merci e persone. Gaia chiede se tengano conto del peso, Ale impassibile risponde che no. Se non altro il fiume non e' piu' largo di due km...
Iscrizioni in sansicrito e fonti cinesi testimoniano l'importanza del sito fin dal V secolo, per i devoti induisti, e dei regni che si sono succeduti. La montagna sulla quale il sito e' dislocato su piu' livelli ricordava ai fondatori un fallo naturale e dunque Shiva. Alla base di questo monte di 1400 m e' stata fondata la citta'. Un viale fiancheggiato da falli di pietra conduce al complesso, passando per un enorme stagno che risale alla fondazione del tempio stesso, ancora pieno d'acqua. Ripide scalinate all'ombra di frangipane conducono all'ultimo livello da cui si domina con lo sguardo la piana del Mekong. I lavori di restauro, ben lungi dall'essere conclusi, sono stati curati da una nota archeologa italiana. Il museo, ben tenuto, offre spiegazioni e ricostruzioni storiche chiare anche in inglese. Il giorno della nostra visita, forse a causa del plenilunio, e' di festa, con tanti adulti intenti a giocare alla petanque, assistere a combattimenti di galli e bere birra, i bimbi sulle giostrine.
Lasciamo a malincuore questa amena localita' di fiume che sembra fatta apposta per il riposo e torniamo a Pakse, sempre col simpatico chiattone! Questa citta' ci fa da base per la visita dei paesini circostanti e del Bolaven plateau, prima di riattraversare la frontiera.
Nella zona, a Ban Ko Phoung, un villaggio di proto malesi di etnia khalun, gli abitanti si costruiscono ancora oggi da se' la propria bara e praticano una religione animista, mentre a Tat Sung i disegni tradizionali ricordano quelli degli aborigeni australiani a supporto della tesi di un'unica origine austroasiatica. Qui si occupano, da sempre, di addomesticare branchi interi di elefanti.

Transumanza
Mentre siamo tra i monti, ancora una volta, per salire l'altipiano di Bolaven, Ale in bici vede un mandriano che segue le sue mucche sul ciglio della strada; ricorda un uomo del passato, un mondo che da noi non c'e' piu'. Poco oltre, gli suona il cellulare, va avanti a parlare per un po', poi sale su un motorino e supera Ale: e' lui che ora lo guarda e gli sorride. Chissa' se se e' Ale in bici a ricordargli un mondo che non c'e' piu'...
La regione del Bolaven e' una delle piu' povere del Lao, avendo sofferto durante tra il Pathet e le forze realiste; i ponti della strada 23 sono stati tutti distrutti dai bombardamenti americani e non sono mai stati ricostruiti. E' stata lentamente sminata ed ora grazie all'incredibile clima produce una notevole varieta' di frutta e verdura ma, soprattutto, il rinomato caffe' uno dei piu' costosi, buoni e noti, agli esperti, del pianeta. Se in tutto il Lao il caffe' e' ottimo, qui supera se' stesso e lo si puo' bere anche biologico e solidale! Oltre ad alcune piantagioni di caffe', vediamo una delle piu' belle cascate della zona, quella piu' alta del Lao, Tat Fan, che si getta in una vertiginosa gola di 200 metri in mezzo alla giungla.
Mentre l'andata sono oltre 40 km di salita leggera, ma sempre salita, il ritorno e' fantastico: 40 km di discesa che non devi neanche frenare, ma non pedali mai! In meno di un'ora siamo di ritorno.
Il giorno successivo, lo spendiamo per visitare il villaggio di tessitori di Ban Saphai e l'isola fluviale di Don Kho. Questa e' costituita di case di contadini-pescatori, sempre tutte in legno, ma perfettamente tenute alcune delle quali sono anche homestay, si puo' cioe' soggiornare chez l'habitant, un'esperienza che forse meritava di essere fatta; l'elettricita' e'arrivata solo di recente, ma per il resto tutto e' ancora arcadia.

Transazioni
Puo' sembrare strano, ma comprare in Lao non e' cosi' semplice. La scarsa verve negli affari dei laotiani, o almeno di molti commercianti, ci appare paradossale viste le condizioni economiche del Paese. Sembra sempre che sia tu, cliente, a dover convincere lui, venditore, a concludere l'affare. C'e' una inspiegabile indifferenza al turista cliente potenziale. Gli uomini sembrano piu' interessati alla petanque, le donne alle tremende telenovelas che passano in TV (chi si ricorda di "Paco e Chico"?). Al bazaar di Pakse, ci mostriamo interessati all'acquisto di un pezzo di stoffa; sembra che siamo gli unici clienti. Dopo aver guardato e riguardato i pezzi esposti e le 4 (quattro) commesse, ci rivolgiamo direttamente ad una di loro chiedendo il prezzo. Con una smorfia quasi di dolore, alza la faccia dalla sua zuppa (chi non ne mangia una?) e risponde in laotiano. Alla nostra richiesta di digitare la cifra sulla calcolatrice come fanno tutti, lei, visibilmente scocciata, lenta come solo il Mekong, allunga un braccio, afferra l'attrezzo e continuando a darci la nuca ci mostra la cifra. Poco oltre, chiediamo ad un'altra venditrice il prezzo di un'altra stoffa: qui non e' il cibo, ma la telenovela a rendere la transazione fastidiosa (per lei). E gli aneddoti potrebbero continuare...
Il pranzo tipico quotidiano (la zuppa), quando non siamo per strada con le bici, cerchiamo di averlo di buona qualita'. Cosi' come a L. Prabang, anche a Pakse troviamo un posto di fiducia dove sorbirla. Gaia apprezza cosi' tanto che ci lascia letteralmente il portafoglio che siamo percio' costretti a tornare a cercare. Per fortuna la signora, oltre a fare un'ottima zuppa, e' anche molto onesta e ce lo restituisce subito, appena ci rivede, chiedendoci anche di verificare che ci siano tutti i (pochi) soldi!
Prima di lasciare il Lao, incappiamo nel false friend dei false friends. Gaia, come sempre intenerita dalle vecchine, decide di acquistare un misterioso pacchetto in foglia di banane, costosetto, ma che sembra essere una polpettina di mais e banana. Ale avverte che lui non lo mangera'. La vecchietta gliel'ha fatto assaggiare e lui lo ha liquidato con un "pannocchietta insapore"... A pranzo, Gaia apre il prezioso involto e scruta attentamente: la "cosa" e' una schiacciatina di vermi bianchi genere "cagnottone", probabilmente una prelibatezza per i locals, ma non per Gaia vegetariana, ne' per Tuffy che riassaggia, ma nuovamente non gradisce, aggiungendo che gli fa pure un po' senso...

Sic transit gloria mundi
Lasciamo Pakse pedalando sul ponte piu' lungo del Lao, con i suoi 1380 m. contro i 1240 del primo Ponte dell'Amicizia a Vientiane. Attraversiamo un'altra volta il Mekong e questa volta sara' l'ultima; qui possiamo fermarci per la foto di rito essendoci una bella corsia pedonale. Il fiume che e' stata la culla di numerosi imperi e di grandi civilita', lo ritroviamo la sera alla sua confluenza con il Mun nella piacevolissima cittadina di Khong Chiam, per poi lasciarlo. Passare la frontiera tra Vang Tao e Chong Mek e' davvero veloce e senza stress. Appena di qua, l'asfalto torna ad essere di velluto, il paesaggio da coltivato e monotono diventa lussureggiante ricordandoci zone lacustri europee. Pero' il caldo torna ad essere infernale.
A Khong Chiam la confluenza dei due fiumi e' chiamata "fiume bicolore" data la differenza tra il blu del Mun e l'arancio-marrone del Mekong, una differenza maggiormente visibile in aprile. La passeggiata lungo fiume, in tipico Thai touch e' ben curata ed illuminata. Anche questo paesino ci serve come base per la visita al vicino parco nazionale di Pha Taem, dove c'e' l'insieme di pitture rupestri (di 3000/4000 anni fa) piu' lungo del mondo che rappresenta oltre agli animali della zona (tra cui elefanti e il pesce gatto gigante del Mekong) attrezzi da pesca ancora oggi usati, mani, umanoidi e un reticolato che forse raffigura le prime risaie. Il sentiero rupestre parallelo al Mekong e' ben curato con alcune piattaforme di osservazione per poter vedere al meglio le pitture. Il paesaggio e' davvero molto simile a quello della Dordogna. Si vede che gli esseri primitivi, che erano pur sempre esseri umani, amavano allo stesso modo i luoghi riparati, di facile accesso e vicini all'acqua.
Nella zona vi sono anche curiose formazioni rocciose a fungo chiamate qui Sao Chailing, presenti anche in altre parti del mondo.
Varie pietre segnalano che questo e' il luogo piu' ad est della Thailandia, quello in cui sorge prima il sole, quello in cui si puo' vedere sorgere il sole prima, il parco nazionale piu' ad est; insomma, siamo nell'est piu' a est della Thailandia!

Tutti a letto! (coi trans)
I piu' attenti tra voi si saranno accorti che il titolo di ogni paragrafo ha al suo interno il termine trans che di per se' non ha alcun significato particolare.
Lo abbiamo fatto perche' ancora una volta colpiti dalle vicende italiane, il caso Marrazzo nella fattispecie. Vorremmo solo dire che non ci interessa che il presidente della regione Lazio abbia frequentato dei "trans" (se questi sono consenzienti e maggiorenni!), ma ci interessa eccome che un politico faccia uso di cocaina e accetti i ricatti delle "forze dell'ordine". Vorremmo poi anche dire che sia in Thailandia che nel povero Lao, i cd. transessuali sono perfettamente integrati nel tessuto sociale e, culturalmente accettati, svolgono qualsiasi tipo di professione senza suscitare resistenze o risatine pruriginose.
Laddove la cultura scarseggia o e' assoggettata bigottamente alla religione e dove la societa' e' ormai disgregata, l'integrazione diventa invece un problema per tutti...

Velocita' alla quale un ragno di medie dimensioni, attaccato alla sua ragnatela, si stacca da una bicicletta
33.2 km/h.
O almeno questo ragno.

Da Ubon Ratchathani ci dirigeremo ora verso sud ovest per passare nella polverosa Cambogia alla volta dei templi di Angkor. Speriamo di tornare!

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